L’assenza di Google Drive nella “white list” del Piracy Shield
Il blocco del dominio avvenuto nel tardo pomeriggio di sabato dopo la segnalazione non sarebbe potuto avvenire se un indirizzo riconoscibile come quello del servizio di Big G fosse stato inserito all'interno dell'elenco dei portali da non sospendere
21/10/2024 di Enzo Boldi
C’è tanta approssimazione nella legge, nelle modifiche (peggiorative) che sono state fatte nel recente passato e nelle dichiarazioni attorno ai disservizi che ne sono conseguiti. E non solamente nelle ultime ore. Il caso Google Drive è solo la punta dell’iceberg di un sistema – quello della piattaforma anti-pirateria – fallace sotto ogni punto di vista. Contestualmente a ciò che ha attirato le ire dell’opinione pubblica, infatti, nell’ultimo fine settimana sono stati colpiti anche IP di CDN utilizzate da grandi aziende (anche italiane) che hanno visto bloccati i propri sistemi. Ma, ovviamente, ciò che è accaduto a uno dei rami principali dell’azienda di Mountain View in Italia ha avuto un impatto maggiore: l’impossibilità, per molti utenti, di accedere ai propri documenti sul servizio “in cloud” di Big G. Ma perché il dominio in questione (riconoscibile a occhio nudo, occorre sottolinearlo) non era inserito nella cosiddetta “white list” della piattaforma Piracy Shield?
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Nel tardo pomeriggio di sabato 19 ottobre, molti utenti non hanno potuto accedere ai propri documenti presenti su Google Drive. Così come molte delle aziende che utilizzano questo servizio. Dopo circa sei ore, buona parte dell’operatività (è stato colpito il dominio che insisteva sullo snodo milanese) è tornata online, ma non per tutti. Questo dipende dalla riabilitazione da parte dei singoli IPS.
Piracy Shield ha bloccato un dominio di Google Drive.♂️ pic.twitter.com/cSvMevrFii
— Giorgio Bonfiglio (@g_bonfiglio) October 19, 2024
Al netto di tutto ciò, non è ancora chiara la responsabilità: chi ha segnalato, evidentemente in modo erroneo, il dominio di Google Drive alla piattaforma? E, soprattutto, perché nonostante le evidenze si è andati avanti bloccando quel dominio?
White list Piracy Shield, l’assenza di Google Drive
I segnalatori sono racchiusi in una liste di tre attori protagonisti che hanno l’opportunità – per legge – si segnalare alla piattaforma l’eventuale presenza di contenuti che violano il copyright legato al mondo del calcio italiano: la Lega Serie A, Sky e Dazn. Dunque, parliamo dei titolari (dai proprietari ai diritti connessi all’aggiudicazione dei bandi di gara) dei diritti di trasmissione audiovisiva del massimo campionato di calcio in Italia. Ma, almeno per il momento, non è stato reso pubblico il nome dell’attore che ha inoltrato la segnalazione a cui – per legge – gli ISP (Internet Service Provider) devono rispondere (con il blocco) entro 30 minuti.
Questa è una questione che resta secondaria rispetto al problema primario: come mai quel dominio esplicito (https://drive.usercontent.google.com/) di Google Drive – non è mai stato inserito all’interno della white list Piracy Shield? Parliamo di un elenco di portali che non possono essere “toccati” dalle segnalazioni e, dunque, dall’intervento di blocco degli IP, dei FQDN e – di conseguenza – dei domini da parte della piattaforma anti-pirateria. Come spiegato da Wired, all’interno ci sono circa 11mila elementi. Ma non il dominio di Google Drive. Dunque, è bastato premere un solo tasto per dare il via al blocco attraverso la segnalazione arrivata direttamente o dalla Lega Serie A, o da Sky o da Dazn. Ed è un paradosso nel paradosso, considerando che i servizi di Google vengono usati anche dalla Pubblica Amministrazione e dalle Istituzioni, basti pensare all’ampio utilizzo del Workspace per quel che riguarda la didattica a distanza.
Agcom e le contraddizioni
Ed è qui che scendono in campo tutte le contraddizioni, come quelle espresse pubblicamente dal Commissario Agcom Massimiliano Capitanio in una diretta social condotta da Matteo Flora:
«Nonostante la legge imponga a tutti i fornitori di servizi media di iscriversi alla piattaforma, i signori di Google e Cloudflare hanno deciso di non iscriversi e quindi Google non ha potuto comunicare alla white list».
Dunque, questo sembra essere il motivo alla base del mancato inserimento di quel dominio di Google Drive all’interno della lista degli “intoccabili”. O forse no? Perché sempre nel corso della stessa diretta, lo stesso Commissario Agcom ha smentito sé stesso:
«Potrebbe essere nella white list».
C’è o non c’è? A quanto pare, anche all’interno dell’Autorità che gestisce la piattaforma c’è un’enorme confusione. Sta di fatto che se fosse stato presente quel dominio nella white liste, il caos non sarebbe scoppiato.