Vivere in un monolocale può essere un rischio per la salute

20/12/2013 di Redazione

Sul The Atlantic, Jacoba Urist parte da una considerazione su quanto sia difficile trovare un posto dove vivere in una grande città come New York e di come spesso ci si debba rassegnare ad affittare monolocali di pochi metri quadri o angusti posti letto da condividere con dei coinquilini. Ne sa qualcosa che si è inventato The Worst Room, un sito web che raccoglie tutte le peggiori «case» in affitto della Grande Mela e (ma non solo), con tanto di foto di sottotetti e scantinati senza finestre, spesso corredate da cifre esorbitanti. E ne sanno qualcosa anche tutti coloro, studenti single o giovani coppie che siano, che si cimentano nell’impresa di trovare un posto dove vivere una volta arrivati in una grande città. Ma vivere in minuscoli monolocali non solo comporta soltanto notevoli problemi logistici, ma può anche provocare problemi di salute.

worstroom.com
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DOPO I 30 ANNI IL MONOLOCALE DIVENTA PERICOLOSO – Quand’è che «piccolo» diventa «troppo piccolo»? – si chiede la Urist – È giusto che una coppia viva in un posto delle dimensioni di un armadio? Genitori e figli possono condividere uno spazio non più grande di una stanza d’albergo? Quella dei micro-appartamenti è una soluzione che può rivelarsi eccellente per i più giovani ma, secondo Dak Kopec, docente al Boston Architectural College «i micro-appartamenti possono essere poco sani per gli adulti, come i trentenni e i quarantenni che affrontano un diverso carico di stress che può far diventare problematico vivere in queste condizioni». La casa, spiega ancora Kopec, dovrebbe essere «un paradiso sicuro» ma una persona che fa un lavoro stressante potrebbe, una volta rincasato, sentirsi in trappola e vittima di un appartamento claustrofobico pieno di mobili e di oggetti, cosa che potrebbe degenerare nell’abuso di sostanze e nella violenza domestica.

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MANCANZA DI PRIVACY – Poiché i micro-appartamenti sono troppo piccoli per ospitare complementi d’arredo classici come un letto, un tavolo o un divano, chi abita questi spazi deve continuamente riconfigurare lo spazio a seconda delle diverse ore del giorno: alla mattina si fa scomparire il divano letto e poi si ripiega il tavolo verso il muro. A volte non si ha nemmeno il tempo per farlo e, quindi, uno spazio già ristretto diventa ancora più angusto. La situazione peggiora quando, si aggiunge un bambino: «Ho studiato a lungo i bambini che vivono in case piccole e molto affollate – spiega Susan Saegert, docente alla City University of New York – E quello che succede è che questi bambini cominciano a isolarsi, e hanno problemi a studiare e a concentrarsi». E stanze soppalcate o finestre sul soffitto non riescono a compensare la mancanza di privacy di cui soffrono gli inquilini di queste case.

LA CASA, IL PARADISO SICURO – Il problema, naturalmente, non è di facile soluzione: all’inizio di quest’anno il Comune di New York ha annunciato la costruzione di un complesso residenziale composto da micro-appartamenti sulla 27a strada di Manhattan. Il progetto, tuttavia, è stato criticato da diversi esperti che hanno rimarcato quali potrebbero essere i danni a lungo termine di una simile soluzione abitativa. Anche se il problema maggiore resta l’abisso tra quella che viene idealmente considerata una «casa» e quello che, invece, offre realmente il mercato: moltissimi newyorchesi affittano illegalmente spazi senza abitabilità che vengono spacciati per stanze singole o appartamenti, anche quando c’è un’unica finestra che si apre su una parete di mattoni.

(Photocredit: The Worst Room)

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