Cosa dice il DSA sulla condivisione di materiali online come, ad esempio, il video di Palermo?
Il regolamento europeo che cerca di monitorare le grandi piattaforme digitali presenta delle contromisure per contrastare la diffusione di contenuti illegali
30/08/2023 di Gianmichele Laino
Le cronache italiane degli ultimi giorni – soprattutto quelle che riguardano l’educazione digitale – sono state letteralmente monopolizzate dalla questione dello stupro di una 19enne a Palermo prima e, successivamente, dalla diffusione illecita di contenuti relativi a questo episodio poi. In effetti, uno dei temi su cui si è discusso in questi giorni è stata la diffusione (o il tentativo di diffusione) online dei video che immortalavano la scena. Un filmato che, secondo gli inquirenti, durerebbe circa 15 minuti e che una delle persone attualmente indagate avrebbe anche divulgato. In questa fase, almeno per il momento, non ci soffermiamo sui numerosi gruppi Telegram che, millantando la presenza al loro interno delle immagini in questione, si sono rivelati nient’altro che tentativi di phishing per utenti che, in ogni caso, stavano già eseguendo un’azione priva di logica ricercando quelle immagini in rete. Occorre sottolineare che il Digital Services Act – che è entrato in vigore qualche giorno fa – andrebbe a porre una sorta di argine rispetto alla diffusione di questi contenuti illeciti. E il fatto che anche app di messaggistica istantanea (come WhatsApp) – che non rientrerebbero nell’elenco dei VLOP che devono rispettare il DSA – stiano migliorando alcune loro policies sulla privacy sembra andare proprio nella direzione di un miglioramento generale dell’ecosistema digitale rispetto a questo tipo di contenuti illeciti.
LEGGI ANCHE > Il caso WhatsApp: non fa parte delle VLOP ma deve rispettare il GDPR
Video Palermo e DSA, le specifiche
Il DSA prevede, ad esempio per le piattaforme social o per i motori di ricerca, una caratteristica molto ben circostanziata: il regolamento, infatti, contiene «misure per contrastare i contenuti illegali online, compresi merci e servizi illegali, imponendo nuovi meccanismi che consentono agli utenti di segnalare contenuti illegali online e alle piattaforme di cooperare con “segnalatori attendibili” specializzati per individuare e rimuovere i contenuti illegali».
Il concetto di segnalatore attendibile è stato declinato all’interno del testo: soggetti terzi (enti e non persone fisiche) che hanno dimostrato la loro capacità di contrastare la diffusione di contenuti illegali, che sono indipendenti dalle piattaforme online e che monitorano annualmente la loro propensione alla segnalazione di contenuti illegali. Le segnalazioni di questi “segnalatori attendibili” (o di trusted flaggers, come vengono definiti nel testo originale) devono essere ritenute prioritarie dalle piattaforme online oggetto del DSA. Facendo questo, viene meno la discrezionalità delle piattaforme sulla rimozione dei contenuti (cosa che si è verificata fino a questo momento), mentre sono gli stati membri dell’Unione Europea che, così facendo, possono contare su una leva che garantisca la rimozione dei contenuti a rischio.
L’applicazione al caso dello stupro di Palermo
Se una delle piattaforme VLOP fosse stata individuata come luogo di propagazione di un contenuto illecito come il video dello stupro di Palermo, insomma, la segnalazione di un trusted flagger avrebbe comportato immediatamente la rimozione dello stesso video, senza attese o intermediazioni.
Il problema, nel caso, è che questo video può essere diffuso anche su piattaforme non VLOP (come nel caso di WhatsApp e di Telegram). Ma è anche prevedendo questa disparità – e l’eventuale successivo intervento del legislatore – che, attualmente, i servizi di messaggistica istantanea stanno facendo delle riflessioni sul meccanismo di segnalazione e di rimozione dei contenuti, con un’unica differenza. Se WhatsApp e Telegram non sono VLOP (perché non sono formalmente piattaforme di intermediazione, ma di comunicazione interpersonale, con le comunicazioni che avvengono sempre tra soggetti privati e non in una dimensione pubblica come quella dei social network), allora anche il meccanismo di segnalazione del contenuto illecito dovrà essere differente. Il DSA da questo punto di vista viene percepito, in chiave giuridica, come una integrazione del GDPR. E le piattaforme di messaggistica, in virtù di questo, devono adattarsi.