Il Var per figli e figliastri – L’editoriale di Alfredo Pedullà

La Roma ha ragione da vendere. Con il Var quasi sicuramente sarebbe stata un’altra Champions. Con il Var la finale probabilmente sarebbe stata Real-Roma. Anzi, meglio ancora: Bayern-Roma. Il Var respinto dalla Champions è un discorso per figli e figliastri, la conferma ulteriore che le cose vengono fatte per scompartimenti, non con una linea comune. È la prova provata della mancanza di coraggio, della carenza di una programmazione unica che non renda ridicole certe partite. E dicendo ridicole probabilmente ci teniamo bassi.

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La Roma era stata penalizzata a Barcellona quando avrebbe dovuto avere due rigori, facciamo uno e mezzo. Ma siccome la Roma non ha un peso politico, nessuno si era occupato della pratica. Oggi si ragiona spesso in base al peso politico. Vergogna. Poi la squadra di Di Francesco aveva ribaltato all’Olimpico e quella macchia era stata cancellata dalla giustizia del pallone che rotola. Però, il problema era rimasto intatto, in giro per l’Europa. Cosa dovrebbe dire il Bayern che quando vede il Real nota streghe calare da qualsiasi angolo, streghe che si materializzano perché lasciano strozzato in gola qualsiasi urlo di felicità? Heynckes è stato un gran signore, a caldo nel ventre del Bernabeu, perché – pur parlando degli evidenti errori arbitrali – si è voluto concentrare sulle manchevolezze della sua squadra. C’è ancora qualche lord tra gli allenatori, ma questo particolare non può far passare in secondo piano una chiara strategia: quella di oscurare il Var in Champions per lasciare autonomia agli arbitri, la chiamiamo autonomia perché preferiamo non andare oltre.

var roma liverpool
Fonte Mediaset – Moviola

Se poi anziché a pallone si gioca a pallavolo, allora ci vorrebbe un tribunale supremo per mettere fine a questo scempio. Un giudice super partes capace di rettificare una decisione allucinante, come se fosse la Cassazione, inappellabile. Già perché all’Olimpico, nella semifinale di ritorno, a un certo punto si è giocato a pallavolo: dammi quel rigore che mi consente di andare con un po’ di anticipo sul 3-2 e magari lascia i miei avversari in dieci, di sicuro la partita cambia. La Roma ha chiuso sul 4-2, una vittoria utile solo per le statistiche, ma la sensazione chiara è stata che il Liverpool mentalmente era alle corde. E che se fossero rimasti cinque o sei minuti di tempo, la squadra di Di Francesco avrebbe potuto centrare come minimo i supplementari. E giocarsi l’epilogo di Kiev con uno slancio fantastico. Amen.

Un’ultima cosa. Il discorso Var figli-figliastri andrebbe allargato ai nostri campionati. È assolutamente inconcepibile che la serie B sia rimasta fuori la scorsa estate da una rivoluzione in grado di cancellare un oceano di errori. A noi piace poco parlare di arbitri, ma il livello di questa stagione è il peggiore degli ultimi vent’anni: orrori settimanali, roba da abc, roba da mal di testa senza tregua. Ma nessuno si è ribellato a questo pastrocchio che rende ancor più grottesca la divisione tra ricchi e poveri, una cosa insostenibile. Lo stesso presidente Balata, fresco di nomina al vertice della Lega B, ha sottolineato come il Var sia uno strumento indispensabile, auspicandone un celere inserimento. Troppo tardi, la stalla è vuota, gli obbrobri nostri compagni di viaggio, un pianto inaudito.

Figli e figliastri: è il nostro destino. Purtroppo.

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