L’untore hiv Claudio Pinti era «malato di sesso», al setaccio tutte le chat personali

16/06/2018 di Redazione

Claudio Pinti, l’untore hiv che si trova attualmente detenuto presso il carcere di Ancona, era iscritto da almeno 10 anni a una serie di community di incontri. L’uomo ha dichiarato di avere avuto almeno 228 rapporti sessuali non protetti, compresa l’ex che lo ha denunciato.

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Claudio Pinti malato di sesso

La procura, attraverso l’analista forense Luca Russo, dovrà ora analizzare le chat di Pinti per scoprire i legami e i possibili casi di contagio. Il giudice ha svelato che a preoccupare è «l’evidente mancanza di qualsiasi forma di autocontrollo delle pulsioni sessuali».

Inoltre Pinti si sarebbe vantato di avere avuto così tanti rapporti, riferendo le “conquiste” ai nuovi partner.

Claudio Pinti, le chat private

Maggiori dettagli arrivano dal Resto del Carlino:

L’analisi partirà dai telefoni e dal computer per rintracciare i messaggi che il 35enne aveva scambiato con i potenziali partner, ma anche dai nickname e dagli account che, come hanno già accertato gli uomini della Squadra mobile, l’untore utilizzava per collegarsi alle community e ai siti specializzati. Uno degli indirizzi di posta elettronica, ‘onlysex82’, risulta iscritto dal 2008 al gruppo ‘Desiderya Sex Community’, dove Pinti aveva anche pubblicato un annuncio con tanto di foto. L’attività virtuale per contattare uomini e donne, con cui poi incontrarsi e avere rapporti anche non protetti, è proseguita fino a pochi giorni prima dell’arresto, tanto che il 3 giugno aveva ricevuto una telefonata in risposta a un annuncio che lo stesso Pinti aveva pubblicato sul sito ‘Bakeka’.

Inoltre, Pinti si trova attualmente nella stessa cella che ha ospitato Innocent Oghosele, il nigeriano arrestato per l’omicidio di Pamela Mastropietro.

Nel carcere di Montacuto l’uomo ha subito anche diverse minacce dagli altri detenuti, come è stato scritto da Giornalettismo lo scorso 15 giugno:

Pinti, finito in manette dopo essere stato denunciato dalla ex compagna, rimasta infettata, ha suscitato una ribellione da parte degli altri reclusi nel carcere di Montacuto, ad Ancona. «Sei finito», «Appena esci dalla cella ti stacchiamo la testa», sono alcune delle frasi che gli sono state rivolte, come riportato dall’Ansa. Il suo avvocato, Alessandra Tatò, ha chiesto gli arresti domiciliari.

(Foto credits: Ansa)

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