Eddi e i ragazzi di Torino che rischiano la sorveglianza speciale per aver combattuto l’Isis

17/01/2019 di Redazione

Il 23 gennaio, a Torino, cinque torinesi andranno davanti al giudice. I giovani hanno aderito volontariamente all’ Unità di Protezione Popolare e alle Unità di Protezione delle Donne curde. Questo per combattere l’orrore dell’Isis a Kobane. Rischiano la “sorveglianza speciale” e l’espulsione da Torino per due anni. Ovvero l’obbligo di stazionamento a casa per diverso tempo, parziale divieto di comunicare con l’esterno, divieto di svolgere attività sociali e politiche, sequestro di patente e passaporto e obbligo di comparire davanti alle forze di polizia. Una vita compromessa, perché secondo i pm sia impedito loro di “utilizzare le loro conoscenze in materia di armi e di strategie militari per indottrinare altri militanti d’area e commettere delitti contro la persona con più gravi conseguenze“, dato che i ragazzi “si sono arruolati in un’organizzazione paramilitare“.

In Italia l’Ypg, le unità di protezione popolare a guida curda, che stanno combattendo contro l’Isis, dovrebbero quindi esser ritenute pericolose. Dovrebbero, secondo l’accusa, perché formalmente non è così. Misure restrittive come quella di cui sopra vengono applicate sì per fini di antiterrorismo e di antimafia (D.lgs 159/2011 e Dl 7/2015) ma non dovrebbero esser applicate nel caso dei ragazzi di Torino. Le Ypg non sono state mai formalmente individuate come organizzazioni terroristiche in Italia, o negli Stati Uniti (che le ha supportate contro Daesh).  Non solo. Tra gli accusati uno dei 5 giovani, Jacopo Bindi, non ha mai imbracciato un fucile. In Siria ci è andato semplicemente per volontariato. Quindi per quale motivo questi ragazzi rischiano l’esilio? Più avanti, a notizie oramai diffuse, un comunicato a firma del procuratore vicario Paolo Borgna e quello aggiunto Emilio Gatti ha precisato che la Procura non ha indagato questi cittadini italiani per il reato di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270 quater c.p.) ma per aver “semplicemente proposto una sorveglianza su giovani” che, avendo in Italia precedenti per “episodi di violenza legati a fatti politici“, “hanno acquisito un addestramento militare presso gruppi armati stranieri“. La proposta prescinde, secondo il dettato della legge, “dalla natura politica del gruppo che ha operato l’addestramento“. Accusati per le loro scelte, le loro aderenze politiche, le loro frequentazioni. Non per una potenziale e reale pericolosità accertata da fatti passati in giudicato.

Syndrome Magazine sta facendo girare l’appello della madre di Eddi, una ragazza di 23 anni, che sta aspettando questo processo a Torino. Maria Edgarda Marcucci  rischia l’esilio semplicemente per aver combattuto contro l’Isis, per aver fatto la “partigiana”, per averli aiutati davvero “a casa loro”. Il magazine invita ad aderire all’appello lanciato da ypg (appelloypg@gmail.com) e alla manifestazione che si terrà sabato, alle 14 in Piazza Carlo Felice a Torino.

 

(foto da Syndrome magazine)

 

 

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