The Hateful Eight, la differenza tra 35 e 70mm spiegata da Tarantino

The Hateful Eight è stato presentato per la prima volta il 19 aprile 2014, con una lettura pubblica della sceneggiatura davanti a 1600 fan di Quentin Tarantino. Il ricavato sarebbe andato ad un’organizzazione no-profit a sostegno dei cineasti indipendenti. Fu in quell’occasione che il regista rese pubblica la sua intenzione di girare il film in 70mm. Ma poi ha fatto di più. Non si è limitato, infatti, a girare con il “glorioso 70mm”, ma addirittura con l’Ultra Panavision 70, in disuso da anni.

IL FORMATO 70mm

Per 70 millimetri si intende il formato della pellicola che, più largo rispetto al tradizionale 35 millimetri, consente di impressionare un fotogramma più grande conferendo alle immagini una definizione maggiore. Nello specifico, le 5 perforazioni del 70mm permettono una qualità sei volte migliore rispetto alle proiezioni in 35 millimetri.

the hateful eight

IL 70mm SPIEGATO DA QUENTIN TARANTINO

«Per cogliere quel desolato paesaggio western, la neve, la bellezza di quelle location, il 70mm sarebbe stato perfetto», dice Tarantino sapendo di poter contare su un maestro della fotografia come Robert Richardson «Sono convinto che questi grandi formati permettano una maggiore intimità, ti fanno stare più vicino ai personaggi, ti portano dentro la scena. Non penso che sia un formato adatto solamente ai documentari di viaggio».

È lo stesso Richardson ad aggiungere che

«Il pubblico è in grado di controllare virtualmente ogni ripresa in cui c’è un personaggio. L’ampiezza dell’inquadratura provoca un senso di claustrofobia, perché si possono vedere tutte le pareti. Si è più vicini e, secondo me, l’esperienza della recitazione è moltiplicata».

Un’analisi condivisa anche dal produttore Shannon McIntosh:

«Spesso la gente dice che l’immagine digitale è molto chiara – fa notare McIntosh – Anche le nostre immagini sono chiare, ma in un modo così bello perché si tratta di questo film. È difficile immaginare che la gente tornerà a guardare un’immagine digitale dopo quest’esperienza. È spettacolare».

Si pensi, ad esempio, alla prima scena del film, che si apre con una bufera di neve in una landa desolata del Wyoming. Il digitale avrebbe colto il panorama con una profondità inferiore e con dei dettagli decisamente meno curati.

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ULTRA PANAVISION 70

L’idea di servirsi dell’Ultra Panavision è arrivata dopo la visita Richardson e del primo assistente alla camera Greg Tavenner, al quartier generale di Pannavision per una serie di test. In quell’occasione i due si accorsero casualmente di un archivio di lenti vecchio stile, tra cui quelle utilizzate per le riprese di Ben Hur.

La prima difficoltà fu adattare le lenti alle macchine da presa attuali.

«È stato incredibile, eppure abbiamo portato le lenti fuori dai magazzini, le abbiamo messe alla prova e hanno funzionato in modo quasi perfetto. È stato come stappare una costosissima bottiglia di vino rosso degli anni ‘50», dice Tavenner. «È un grande piacere davvero lavorare con un format che rende giustizia alla fotografia in esterni. È un sistema che registra ogni dettaglio nella sua pienezza e bellezza, che ti riporta al tempo che noi tutti ricordiamo in cui, da bambino, guardavi a occhi sgranati quei grandi film che venivano proiettati al cinema».

Il secondo problema fu confrontarsi con il fatto che le attuali sale non erano attrezzate per la proiezione in 70mm, cosa che Tarantino non ritenne un problema:

«Era così che si faceva ed era questo che rendeva i film così speciali. Non erano film qualsiasi proiettati nel cinema vicino casa. Alcuni erano musical, altri film epici e queste grandi presentazioni si organizzavano prima dell’uscita normale del film. Poteva esserci anche una versione della colonna sonora a Broadway. Se giri un film e lo fai uscire in 70mm, è così che ci si muove. Attraverso il proiettore, 24 tremolanti fotogrammi al secondo creano l’illusione del movimento».

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In sostanza, The Hateful Eight è stato pensato in 70mm, girato in 70mm e va visto in 70mm. Ce lo chiede Quentin Tarantino e ce lo chiede Robert Richardson, l’unico direttore della fotografia vivente ad aver vinto tre Oscar (assieme all’immenso Vittorio Storaro). Io mi fiderei.

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