La storia della Calabria che «aveva provato a far scendere le terapie intensive» alla vigilia del dpcm

In poche ore, i posti erano passati da 26 a 10

05/11/2020 di Redazione

Se il monitoraggio dell’ISS – che prevede 21 indici per stabilire le zone rosse, le arancioni e le gialle in Italia – ha stabilito che la Calabria possa essere catalogata come regione a rischio c’è sicuramente una motivazione scientifica e non una questione di opportunità politica, come viene sottolineato in queste ore. E a farla intuire ci ha pensato un episodio sulle terapie intensive in Calabria che si è verificato proprio poche ore prima del dpcm del 3 novembre che ha suddiviso l’Italia in tre zone in base ai criteri stabiliti dall’Istituto Superiore della Sanità.

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Terapie intensive in Calabria, la discesa sospetta

Nei giorni scorsi la somma dei posti nelle terapie intensive in Calabria aveva raggiunto quota 26. Una soglia d’attenzione che, evidentemente, i tecnici della sanità calabrese avevano già individuato come critica alla luce dei dati del monitoraggio dell’ISS e dei 21 criteri che abbiamo citato in precedenza. Tant’è che, in poche ore, si è provato a far passare i ricoverati in terapia intensiva da 26 a 10, un valore ritenuto probabilmente più accettabile.

Ma qual è stato il meccanismo individuato per abbassare questa quota? Hanno conteggiato soltanto le persone intubate come ricoverate in terapia intensiva, mentre quelle sottoposte a ventilazione artificiale sono state considerate meno gravi e, quindi, sono state fatte sparire dall’elenco delle terapie intensive. Una situazione che la regione Calabria ha chiarito immediatamente, ma che è stata subito denunciata dalle minoranze in consiglio regionale. Tra le altre cose, l’ospedale Annunziata di Cosenza – i cui dati hanno contribuito a questa discrepanza – ha affermato di aver inviato i dati corretti in regione Calabria, sottolineando la presenza di 14 posti in terapia intensiva, diventati solo 2 nel bollettino sanitario.

Terapie intensive in Calabria e proteste in regione

In ogni caso, una situazione del genere dimostrerebbe come le regioni siano state a conoscenza dei dati di monitoraggio dell’ISS al punto tale da sapere che incidenza avrebbe potuto avere un risultato come quello di una decina di posti di terapia intensiva in meno. Diventa così meno forte la protesta dell’attuale presidente facenti funzioni Nino Spirlì che ha annunciato di voler impugnare il dpcm e il decreto del ministero della Salute.

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