I medici di famiglia contro i tamponi nei loro studi: «C’è il rischio di contagio»

La protesta del sindacato Smi dopo l'accordo siglato nella giornata di martedì

28/10/2020 di Enzo Boldi

Nella serata di martedì è arrivata la firma dell’intesa tra la Fimmg (il sindacato maggioritario) e la Sisac, ente che si occupa della contrattazioni per il settore pubblico. Ma già oggi arrivano le prime protese e i primi no ai tamponi rapidi dai medici di famiglia. A esporsi è un altro sindacato, lo Smi (Sindacato medici italiani) che hanno sottolineato come questo tipo di impegno potrebbe provocare un aumento del rischio dei contagi all’interno delle stesse strutture. Gli studi, dunque, diventerebbero luoghi di focolaio per il virus.

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«I nostri studi per l’attività extra di effettuare tamponi rapidi non possono diventare motivo di contagio per i nostri pazienti lì dove non riusciamo a tenere separati i percorsi – ha detto Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi), ad AdnKronos -. Abbiamo espresso perplessità soprattutto di tipo organizzativo. Non è possibile effettuare i tamponi negli studi medici, come non è possibile effettuarli nelle farmacie, mentre le Asl stanno già esprimendo perplessità nell’inserire nella loro organizzazione lavorativa chi non fa parte dei loro organici, per motivi di sicurezza e di legislazione».

Tamponi rapidi dai medici di famiglia, la protesta del sindacato

Un intoppo organizzativo. Secondo il Smi, infatti, gli spazi degli studi medici – per come li abbiamo conosciuti fino a ora – potrebbero diventare un luogo di contagio per i pazienti in attesa dei tamponi rapidi dai medici di famiglia. La questione potrebbe risolversi, però, seguendo quanto fatto dalla Regione Lazio per i test al drive-in: da ieri, infatti, il servizio (su presentazione di prescrizione del medico di base) si basa sulle prenotazioni online, nel tentativo di scongiurare lunghe code. E anche questo potrebbe essere applicato negli studi medici.

(foto di copertina: da Pixabay)

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