Milano, i pm sulla stilista trovata impiccata nel 2016: «Strangolata dal fidanzato per futili motivi»

L'accusa arriva dopo quattro anni dal macabro ritrovamento

14/10/2020 di Ilaria Roncone

Dopo quattro anni le indagini sono concluse. «Carlotta Benusiglio, la stilista trovata impiccata, fu strangolata dal fidanzato Marco Venturi»: questa la conclusione dei pm. Il giallo del ritrovamento del corpo della stilista appeso ad un albero con una sciarpa avvolta attorno al colloha trovato soluzione e, ancora una volta, si tratta di femminicidio. I pm parlano di «futili motivi» che hanno spinto l’uomo ad agire e di schiaffi, calci e minacce frutto di «moti di gelosia».

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La stilista impiccata dal fidanzato per i suoi «moti di gelosia»

L’inchiesta sulla morte della stilista trovata impiccata vede Marco Venturi colpevole: accusato per la morte della fidanzata, la 37enne Carlotta Benusiglio, ora pagherà per omicidio volontario. L’accusa è stata formulata parlando di un atto compiuto «per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio» arrivando così a strangolarla. La donna, anche come conseguenza del fatto di essere affetta dalla «sindrome di Eagle» – disturbo dei legamenti che collegano il cranio all’osso ioide del collo – sarebbe «deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento».

L’impiccagione simulata

L’uomo è accusato di aver simulato l’«impiccagione sospendendo parzialmente» il corpo della fidanzata grazie all’ausilio di una sciarpa a un albero. L’albero in questione di trovava nei giardini di piazza Napoli e i fatti sono avvenuti nella notte del 31 maggio 2016 attorno alle 3.40. Oltre all’accusa di omicidio Venturi ha a suo carico anche episodi di stalking e lesioni nei confronti della donna tra il 2014 e il 2016. Schiaffi, minacce e calci dati più volte anche per «moti di gelosia». Il fascicolo di Venturi è complesso: partito da persona informata sui fatti, dopo è stato indagato per istigazione al suicidio e – infine – accusato di omicidio volontario aggravato. Il gip ha però negato l’arresto chiesto dal pm perché, stando alla perizia del 2018, la donna sarebbe morta «con grande probabilità» per via di «asfissia prodotta da impiccamento» con l’assenza sul corpo di «lesioni scheletriche» che potessero ricondurre a «eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo».

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