Venezia 76: Kirsten Stewart “Jean Seberg voleva essere ascoltata, scelgo film d’istinto”

Kirsten Stewart era la diva più attesa della giornata a Venezia 76 in cui ha presentato insieme al resto del cast il biopic di Jean Seberg, attrice morta con un finto suicidio a causa del suo sostegno per le associazioni sulle persone nere negli anni ‘70.

Jean Seberg a 40 anni esatti dalla morte arriva a Venezia 76 con un biopic molto atteso, che ha catalizzato l’attenzione del pubblico a causa della presenza di Kirsten Stewart. La storia diretta da Benedict Andrews è poco nota al pubblico, ma esplicativa dei terribili metodi dell’FBI pronta a distruggere brutalmente la vita delle persone che potevano diventare minacce per il loro appoggio ai movimenti neri nel 1969. Oltre a lei e al regista presente in sala anche il resto del cast con Anthony Mackie e Zazie Beetz.

Jean Seberg è stata dimenticata, quanto le celebrità possono invitare i governi ad intervenire per attività?

Kirsten Stewart: “Ho conosciuto Jean soltanto come un’immagine, qualcuno in grado di fare questo gesto. C’è un aspetto di recitazione essendo un’attrice, vuoi conservare la tua capacità di essere empatia con la gente e quindi a volte bisogna giocare. Lei lo ha fatto, la cosa curiosa è che non mi sono accorta della fame nei suoi occhi. Questo l’ha resa così brava in scena, poi ho capito che era davvero appassionata per le tematiche umanitarie mentre la gente non voleva davvero vedere. Io la conoscevo come una donna che ha avuto un crollo per una serie di motivi, è una storia importante soprattutto oggi. Insegna che sacrificarci per qualcosa è molto coraggioso, questa storia così tragica dovremmo conoscerla tutti”.

Benedict Andrews: “Oggi è il 40esimo anniversario della sua morte, lei è morta a Parigi in questo stesso giorno e per noi è commovente dopo anni che abbiamo lavorato al film è commovente celebrarla oggi”.

Zazie Beetz: “Credo che anche oggi sia così, gli artisti possono essere attaccati perché possono toccare il pubblico e so che in tanti paesi c’è molto monitoraggio”.

Kirsten Stewart: “Le cose sono polarizzate oggi, ma per noi va bene. Se vuoi personalizzare le cose in un clima politico oggi va bene. Se parli ad alta voce devi stare attento a ciò che dici, le cose vengono generalizzate e tutto è bianco o nero. Credo che ci siano troppe cose per scegliere una personalità da seguire. Viviamo tutti in modo pubblico per cui non c’è bisogno di frugare nelle nostre vite. Se qualcuno volesse presentarsi come una minaccia all’America non sarebbe una posizione così unica e speciale tanto da seguirti in quel modo”.

Un progetto di 15 anni, come mai non è stata narrata prima?

Benedict Andrews: “Kirsten l’ha descritta come un’icona che avevo dentro la mia mente, quando l’ho vista a scuola mi ha dato una nuova comprensione della verità e dell’interpretazione sullo schermo. Man mano che sono diventato un regista teatrale avevo sempre in mente  questa immagine, anche se non conoscevo tutta la storia. In quel momento ho imparato cosa volesse dire distruggere una vita per la sorveglianza soffocante. Jean è il centro del film, ma la conosciamo solo attraverso gli occhi dell’FBI e questo è importante. A teatro ho capito il processo che fanno è il coraggio per andare in scena per raccontare la verità davanti la macchina da presa. Jean era così, voleva essere giusta, onesta sia sullo schermo che anche nella vita. Voleva fare la differenza è a causa di questo l’FBI ha distrutto la sua vita. Quando vivi in una gabbia di vetro e minano la tua vita per motivi politici è una storia particolare e moderna soprattutto oggi”

Ci può parlare del confronto tra i mondi di Parigi e Los Angeles, in particolare della scenografia?

Benedict Andrews: “Jean vive tra due mondi, passa da Parigi e Los Angeles spostandosi tra vari mondi. All’inizio va in un quartiere specifico di LA e poi si sposta nei vari mondi. Janine ha trovato grande autenticità nella scenografia e volevo farlo vedere. Anche i costumi sono fantastici, Jean aveva un’eleganza naturale”

Kirsten te hai lavorato molto in Francia, anche con grandi registi come Assayas, come mai secondo te Jean Seberg era così amata?

Kirsten Stewart: “Se leggete le recensioni dei film c’era qualcosa di naturalistico nella sua recitazione e andava a scavare, era onesta e ha sempre cercato di trovare la recitazione come arte formativa. Rivelava qualcosa di splendente ed era trasportata. Il fatto che fosse ben accolta e anche in Francia le ha consentito di correre anche dei rischi. Sicuramente è stata identificata in questo personaggio. Ho lavorato su questo aspetto cercando di essere me stessa, questo non è un film commerciale ma conoscendola ho sentito il desiderio di essere accettata lavorando in questo modo. Non tutte le attrici si fanno guardare come faceva lei, ha trovato grande accoglienza in Francia proprio per la sua verità”.

Stai vivendo dopo l’inizio della tua carriera una seconda grande popolarità, ti senti più pronta ad affrontarla rispetto all’epoca?

Kirsten Stewart: “Sono pronta a qualsiasi cosa oggi. Sono così orgogliosa delle persone con cui ho lavorato e voglio che anche gli altri lo vedano. Vorrei veramente cercare di toccare terra, ma al contempo non ci penso su troppo. Non voglio privarmi della centralità, ho fatto cose come essere una leader nella mia vita e ho fatto cose molto istintive in questa ultima parte della mia carriera. Ho la sensazione di essere molto naturale”.

Il film si concentra molto sul rapporto tra Jean Seberg e Roland Gary e il loro rapporto privato, l’hai vista anche come una storia d’amore?

Benedict Andrews: “Jean Seberg raccontata in ogni aspetto è soltanto la punta dell’iceberg perché si intrecciano tante storie. Lei rappresenta qualcosa di affascinante nel rapporto con romain. Anche Jean attrice è molto interessante, ma noi guardiamo come l’FBI indaga nella sua vita e vogliamo mostrare il crollo di una donna sotto questa pressione”.

Kirsten Stewart: “Vogliamo raccontare l’incubo è la distruzione della verità nella vita di questa donna. Analizziamo anche come le altre vite vengano distrutte da questa campagna contro la sua libertà. Vogliamo vedere come anche bugie e menzogne possono essere utilizzate come un’arma”

Benedict Andrews: “Jean Seberg è il centro del tornado, con la scrittura siamo riusciti a sentire tutto ciò che si intreccia intorno alla storia. Siamo affascinato all’inizio da Jean, poi ossessionati e poi i personaggi vengono a conoscersi in profondità. Ho cercato di disegnare le scene seguendo la scrittura portando ad una danza dei due personaggi, come all’aeroporto perché tra Romain e Jean c’è storie d’amore, ma anche tra Jack e Jean”.

C’è una bellissima paura che dice come la rivoluzione ha bisogno delle stelle del cinema, voi che ne pensate? Utilizzate i social per relazionarvi col pubblico e lanciare le vostre opinioni?

Kirsten Stewart: “Io non vado sui social, c’è un’interazione col pubblico. C’è un clima che stiamo vivendo al momento e non è difficile mostrare le mie tendenze politiche, si vedono in quello che dico e faccio. In certi casi ti senti frustrato, pensi di non potercela fare ma c’è una relazione umana e cerchi di allontanarti da questa immagine. Qualche volta ti senti di dover rinunciare, da giovane ero più insicura adesso sono contenta di comunicare con gli altri. Non sono completamente impegnata dal punto di vista politico, ma non nascondo le mie opinioni. Mi sento bene ed è una buona sensazione. Inizialmente puoi essere esposto ad un’attenzione aggressiva che ti chiude in un buco, ma non urlo in faccia alla gente”.

C’è un collegamento con i tempi odierni nella figura di Jean Seberg e con i metodi utilizzati?

Zazie Beetz: “Io credo che sia interessante vedere in questo film il fatto che ci sia proprio un desiderio di unirsi ad un movimento per la giustizia sociale. Il film parla di questo, c’è un’esperienza condivisa dai personaggi. Lei è una donna che può fisicamente andare a Parigi e poi parlare con i media. Questi sono elementi ancora presenti negli usa. Non possiamo sfuggire e il film parla anche  di questo. Jean non fugge mai dalla punizione che il governo le infligge, questi rapporti poi si infrangono e si sbriciolano. C’è un coinvolgimento delle celebrità perché noi negli stati uniti abbiamo chiesto che siano coinvolte nella politica. Hanno un’influenza sugli altri, Jean Seberg ha fatto sentire a tutti la sua voce. Dobbiamo però stare attenti a non creare propaganda politica, è una questione complessa”.

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