Venezia 75 – Mi Obra Maestra, recensione del film di Gastón Duprat
31/08/2018 di Redazione
Mi Obra Maestra vede il ritorno a Venezia di Gastón Duprat, che nel 2016 con Il cittadino illustre aveva permesso al suo protagonista Oscar Martinez di aggiudicarsi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Mi Obra Maestra è stato selezionato fuori concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 75.
Mi Obra Maestra, l’arte e i suoi misteri.
Arturo è un gallerista d’arte di Buenos Aires. Tra gli artisti che rappresenta c’è Renzo, pittore da tempo sul viale del tramonto, dallo stile poco contemporaneo e un pessimo carattere. Nonostante gli scontri, i due sono legati da un forte amicizia, che si stringe ancora di più quando Renzo, ormai totalmente fuori controllo, resta vittima di un incidente che lo porta in fin vita e da cui sembra non riuscire a riprendersi.
Dalla trama può sembrare un film altamente drammatico, ma non è così, al contrario. Mi Obra Maestra è invece una commedia misurata e ricca di spunti e riflessioni. Gastón Duprat aveva già dimostrato una naturale propensione al genere, soprattutto con il notevole Il cittadino illustre, e non si smentisce. Soprattutto perché ancora una volta porta sullo schermo un racconto molto più complesso di quello che sembra. Mi Obra Maestra è prima di tutto un film sul processo creativo, sull’arte e sulla sua percezione, argomento trattato con un’ironia che sfocia quando necessario nel puro sarcasmo nei confronti di un mondo che si autoincensa.
La strana coppia di Mi Obra Maestra.
Guillermo Francella e Luis Bardoni, rispettivamente Arturo e Renzo, sono il motore del film, una vera e propria strana coppia alla Neil Simon. Due interpretazioni misurate, mai sopra le righe, che trasmettono il vero sentimento di un’amicizia durata una vita intera in tutte le più diverse sfumature. D’altronde la direzione dei suoi interpreti è uno dei pregi maggiori di Gastón Duprat, facilitato dall’alto livello generale degli attori argentini.
Mi Obra Maestra è anche un film sull’Argentina
Un atto d’amore nei confronti di un paese bellissimo che, proprio come le opere di un grande maestro fallito, viene cannibalizzato da chi può permetterselo. Salvo poi potersi prendere una gustosa vendetta servita fredda, quando il film prende l’apprezzabile sentiero della commedia nera. Anche in questo caso senza spingere sull’acceleratore, e ancora una volta prendendosi gioco, amorevolmente ma non troppo, dell’imperante buonismo a tutti costi di cui è ostaggio la società contemporanea. E tra i tanti messaggi che il film manda, a partire dal titolo stesso, c’è proprio quello di non prendersi troppo sul serio. Perché le cose importanti, nella vita, sono quelle che abbiamo sotto gli occhi e non apprezziamo, perché troppo impegnato a inseguire effimeri successi.
Scorre via con leggerezza Mi Obra Maestra, stile asciutto, senza orpelli narrativi e voli pindarici visivi, lasciando la piacevole sensazione di non avere sprecato un paio d’ore del proprio tempo. In un’altra epoca con meno pretese sarebbe stato un pregio. Che forse andrebbe rivalutato.