Uomini d’oro: recensione del crime con Giampaolo Morelli, Fabio De Luigi ed Edoardo Leo

31/10/2019 di Redazione

Uomini d’oro, con Fabio De Luigi, Edoardo Leo e Giampaolo Morelli, tra crime e drama, è coinvolgente, sincero e con un importante messaggio alla base.

Fatti realmente accaduti

Il film Uomini d’oro, crime-drama di Vincenzo Alfieri con Fabio De Luigi, Giampaolo Morelli ed Edoardo Leo, è ambientato a Torino nel 1996. Impiegato delle Poste che guida il portavalori, Giuseppe Meroni (Giampaolo Morelli), è prossimo alla pensione. Spera finalmente di poter realizzare i suoi sogni. Tra cui quello di gestire un Chiringuito in Costa Rica insieme al collega e amico Luciano (Giuseppe Ragone). Ma l’eta della pensione viene spostata di dieci anni. Alvise (Fabio De Luigi) che lo accompagna ogni mattina, lavora 16 ore al giorno per mantenere moglie e figlia. E ha un problema al cuore che lo condiziona fortemente. Nicola – il Lupo (Edoardo Leo) è un ex pugile che intrattiene traffici illegali e gestisce insieme ad Alvise un pub in decadenza. Questi tre uomini, uniti dal desiderio comune di cambiare le loro vite, avranno una parte e una percentuale nella rapina del contenuto del portavalori. Idea di Meroni. Ma il giorno decisivo non tutto sembra andare come previsto.

Un genere nuovo

Dal crime all’action, dal dramma alla commedia. Un film che comprende più generi, ma che sorprende dalla regia alla scelta del cast. Temi attuali, nonostante Uomini d’oro sia ambientato nel lontano 1996. Le pensioni che vengono rimandate di anni, il razzismo tra nord e sud e i sogni più comuni che diventano irrealizzabili. Il semplice desiderio di una vita migliore sembra un obiettivo sempre più irraggiungibile. Tre straordinari attori che, spesso protagonisti delle tipiche commedie all’italiana, danno invece prova di interpretazioni drammatiche, magistrali nella loro naturalezza e sincerità. Perché Giampaolo Morelli, Fabio De Luigi ed Edoardo Leo rappresentano tre uomini, simbolo di un diverso approccio ad una vita che non li soddisfa.

Uomini d'oro - Matilde Gioli
Matilde Gioli in una scena del film

Ambientazione fondamentale

Una Torino grigia e chiusa, che non accoglie ma respinge. Un luogo dove il sole sembra non sorgere mai, dove può solo tramontare. Una luce bianca di giorno, spenta, sempre più cupa fino alla sera. Pioggia e strade deserte. La vita è solo nelle assordanti discoteche dove, la sera, a fine giornata, le persone provano a sentirsi vive. Un quadro drammatico, intervallato da pochi momenti comici che in realtà a volte stonano. Come se non ce ne fosse bisogno. Perché il messaggio del film è profondo e il lato divertente della storia è già presente nella preparazione della rapina. Ilarità e tensione perfettamente calibrate. Un progetto ambizioso, una divisione in capitoli che mostra un evento da tre diversi punti di vista. Chiarendo l’intreccio e la trama.

Diversi messaggi

Un’ottima tecnica, dalla regia alla fotografia, in linea con l’ambientazione e con il tormento interno dei protagonisti. Un tormento mai eccessivo, alleggerito dall’amore, l’amicizia e i sentimenti sinceri di cui forse ci si può accontentare. Senza dover aspirare a qualcosa che può mettere in pericolo, come una rapina eseguita dando fiducia a chi non si conosce. A tratti ripetitivo e leggermente didascalico, Uomini d’oro nel complesso funziona. Tra intenti e realizzazione risulta un ottimo film. Con interpretazioni davvero sorprendenti e inaspettate. Una storia vera che rappresenta una realtà evidente, ancora presente. Un dramma condiviso e un messaggio che forse suggerisce di non esagerare. Dai sogni alle azioni avventate. Soggetto a più interpretazioni, Vincenzo Alfieri dice molte cose con questo film e ognuna sembra arrivare allo spettatore nel modo giusto. Coinvolgendolo per tutta la durata del racconto.

 

 

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