Red Zone- 22 miglia di fuoco: Recensione del film con Mark Wahlberg, 22 miglia di pura azione

15/11/2018 di Redazione

Red Zone- 22 miglia di fuoco, Mark Walberg e Peter Berg di nuovo insieme in un film di pura azione, una storia originale che ci  racconta il ruolo delle task force governative e di quelli che si trovano dietro una scrivania e dirigono pericolose missioni.

Red Zone – 22 miglia di fuoco, la regia di Boston – Caccia all’uomo, tutte storie basati su fatti realmente accaduti. Questa volta la coppia, che producono anche i  loro film, si prendono una pausa del reale, per raccontare una classica storia di spie e corpi speciali, ma con un’ottica nuova.

Parte del merito  dell’originalità della storia va al debutto come sceneggiatrice di Lea Carpenter, salita alla ribalta come scrittrice di successo con il suo romanzo  Eleven Days nel 2013, che narrava la storia di un dramma familiare all’interno della comunità dei Navy Seals. Le ricerche per il suo libro le hanno fatto incrociare Peter Berg, che a sua volta stava sviluppando Lone Survivor, dedicato appunto alla storia vera di un’altro gruppo di Navy Seals in Afghanistan. In breve tra i due è nata una collaborazione che potrebbe in futuro portare ad altre interessanti pellicole sull’argomento.

Red Zone – 22 miglia di fuoco, ci narra la storia di un efficiente task force governativa guidata da James Silva  (Mark Wahlberg), e diretta nelle sue azioni da un gruppo di altrettanti efficienti agenti comandati da Bishop (John Malkovich), che seguono a distanza il gruppo di fuoco guidandolo nelle pericolose missioni. La storia parte con un prologo, dove il gruppo cerca di fermare dei russi su territorio americano in possesso di pericolose bombe al cesio 137, la missione fallisce le bombe non vengono trovate e solo i dati all’interno di un computer catturato, che non si riesce decifrare possono aiutarli a rintracciare gli ordigni. In breve il gruppo si ritrova a distanza  di tempo a Giacarta in Indonesia, dove un poliziotto ha chiesto asilo all’ambasciata USA, dichiarando di essere in possesso della password per accedere ai dati dove trovare le pericolose bombe. Da qui parte una missione per portare il prezioso testimone negli USA e coprire la distanza dall’ambasciata all’aeroporto che lo porterà al sicuro, appunto 22 miglia. Da questa semplice storia parte un’azione senza fine, dove la regia di Berg si mostra come sempre in grado di governare tutto, e senza l’utilizzo del green screen o effetti speciali, che il regista non ama, inseguimenti e sparatorie sono decisamente più verosimili. Prova ne sia che tra i collaboratori di Berg troviamo ancora una volta, questa volta come direttore della fotografia Jacques Jouffret, che già aveva collaborato con il regista come operatore di ripresa, stiamo parlando del candidato per 3 volte e vincitore nel 2007 per Into the Wild come Cameramen dell’anno ad opera della Society of Camera Operators.
Lauren Cohan  è Alice in Red Zone – 22 miglia di fuoco

Da pochi anni Jouffret è passato al  ruolo di direttore della fotografia e racconta: “il mio approccio alla regia implica la libertà di riprendere in qualsiasi direzione in qualunque momento“, e cita per il suo stile da documentario la Battaglia di Algeri del nostro Gillo Pontecorvo. Basterebbe questo per far comprendere a chi ci legge, che ci troviamo  a nostra volta all’interno di un gruppo tattico diretto da Peter Berg, in grado di trasformare una semplice pellicola di azione in qualcosa di decisamente più coinvolgente e veritiero. Prova ne sia che tanti protagonisti muoiono (la lezione del Trono di Spade), e che l’azione, a volte senza respiro, viene ben alternata da monologhi e flashback del protagonista (Mark Wahlberg),  che  sceglie anche lo scomodo ruolo di capo antipatico, pronto a sacrificare chiunque pur di raggiungere l’obiettivo assegnatogli, decisamente un ruolo meno eroico delle precedenti collaborazioni con il regista.

Il nostro voto:[yasr_overall_rating]
Share this article