Netflix controlla il cinema da 50 anni. E ve ne accorgete adesso.
12/09/2018 di Redazione
Ebbene sì, Netflix è la Spectre del cinema da decenni. Sono stati talmente bravi e satanici che nessuno se n’è accorto, almeno fino a oggi. Ma con il Leone d’oro della Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia 2018 hanno esagerato. D’altronde, si sa, tutte le strade portano a Roma e alla fine i nodi vengono al pettine. E una rondella non fa primavera.
Netflix, tutto ebbe inizio in Francia
Tutto cominciò nel 1966, quando Netflix si faceva chiamare ORTF. Camuffata da canale televisivo francese, ingaggiò Roberto Rossellini, regista italiano famoso per avere avuto una relazione con un’attrice svedese, per girare un film su Luigi XIV. La prise de pouvoir par Louis XIV va in onda l’8 ottobre del 1966, ma solo dopo essere passato proprio al Festival di Venezia, fuori concorso, una chiara mossa per gettare fumo negli occhi e ulteriore conferma di un progetto a lungo termine di cui solo oggi scopriamo le reali e terribili intenzioni. In seguito, sarebbe arrivato anche nelle sale cinematografiche.
Netflix, attacco all’Italia
Un piano diabolico, che Netflix, questa volta sotto le mentite spoglie di un’azienda che spaccia abilmente come servizio pubblico in Italia, ripete con sfacciataggine. Circuendo nientemeno che Federico Fellini, anche se molti pensano fosse connivente, e forse tra i principali artefici del piano. Ad avvalorare questa teoria è proprio il primo film prodotto per la televisione, un’autocelebrazione dal titolo Block-notes di un regista. Era il 1969, ma già dall’anno successivo, con I Clowns, tutto inizia a diventare più chiaro. Stesso iter di Rossellini, con Venezia sempre fuori concorso (in quell’edizione, ancora anni della contestazione, non si assegnavano premi), per poi avere uno strategico passaggio televisivo il giorno di Natale, con l’Italia intera ipnotizzata, e una successiva uscita nelle sale cinematografiche già due giorni dopo, così da poter concorrere ai David di Donatello.
Netflix, la rivoluzione americana
Passano molti anni, e Netflix, questa volta con il nome fittizio di HBO, produce un film di un altro grande sovversivo del cinema, Joe Dante, che guarda caso porta il titolo di The Second Civil War. Era il il 1997, e il film passa in televisione negli Stati Uniti, mentre in Italia arriva direttamente al cinema. Un’altra mossa per agitare le acque, è evidente.
Netflix oggi, e basta scherzare
Tutto questo per dire che, facendo anche solo un minimo di ricerca e di mente locale, non stiamo parlando proprio di niente di nuovo, e che la protesta delle associazioni degli esercenti nei confronti del Roma è oziosa, ma non immotivata. Oziosa perché lo stesso regista, ben prima del festival, aveva fatto capire che il film sarebbe uscito su grande schermo, quantomeno per poter concorrere agli Oscar. In seconda istanza, perché lo stesso colosso dello streaming ha già aperto all’ipotesi di una distribuzione cinematografica.
Terza considerazione, e ben più seria. Sarebbe interessante sapere quanti degli esercenti che stanno con veemenza protestando, hanno accolto nella loro sala Sulla mia pelle. Film prodotto da Netflix, giusto sottolinearlo, che uscirà il 12 settembre in contemporanea sulla piattaforma e in un discreto numero di schermi, ma sarebbero potuti e dovuti essere molti di più.
Netflix, un colosso ancora da svelare
Nel Q2 del 2018 Netflix ha raggiunto i 130 milioni di abbonati in tutto il mondo. Nel 2017 il suo fatturato è stato di 11,69 miliardi di dollari, con un utile netto di 558,93 milioni di dollari. Niente male per un’azienda che contava, a fine 2017, 5.500 dipendenti, numero che adesso è già aumentato nell’ordine delle centinaia di unità. Nel 2018, l’investimento per il prodotto originale è stato fissato alla cifra di 8 miliardi di dollari.
(fonte: www.statista.com)
Stiamo dando i numeri, necessari per rendere l’idea di cosa sia realmente Netflix e di quali siano le sue prospettive future, in un mercato potenziale di circa tre miliardi di utenti attivi. Mercato che già ha dei competitor, primo fra tutti Amazon, che ha però un modello di business diverso, più tradizionale, con una distribuzione in sala precedente allo sfruttamento sulla piattaforma on line, soprattutto per i prodotti di eccellenza.
Netflix, serviva un po’ di qualità
Era proprio questa che mancava a Netflix, inutile girarci intorno, e dato che di René Ferretti ce n’è solo uno, no, “la qualità non ci ha rotto il cazzo”. Amazon ha un livello produttivo medio decisamente superiore a Netflix, nei lungometraggi, e 20th Century Fox.
La preoccupazione è “Netflix non porta i film in sala”?
Decisamente non è questo il problema. Nel prossimo mese usciranno 57 film, e di questi almeno 30 sono perfettamente in target con le sale del circuito cinema d’essai e dell’associazione cattolica esercenti cinema, ovvero FICE e ACEC, che insieme all’ANAC, ovvero l’associazione autori cinematografici, hanno firmato la protesta nei confronti di Netflix. Troppi film, che non riescono a trovare il giusto spazio, la dovuta visibilità, né tantomeno i sacrosanti incassi. Perché le distribuzioni, che con coraggio li sostengono, lo fanno senza adeguati budget promozionali. Cifre che certamente può permettersi Netflix, per un film Alfonso Cuaron. O se non Netflix in prima persona, una distribuzione che possa strappare un buon contratto di service per portare Roma in sala. Con conseguente gioia dei cinema d’essai e parrocchiali.
Per chi non lo sapesse, esistono altre due associazioni di categoria. L’Anem, che è quella dei multiplex, e Anec, che è quella degli esercenti cinema in generale. Loro non hanno firmato la lettera spedita dopo la premiazione veneziana. Nonostante avessero sollevato il problema appena poche ore dopo la presentazione della selezione da parte del direttore artistico Alberto Barbera. Lungimiranza o sanno qualcosa che noi comuni mortali non sanno?
Netflix non è un problema, ma una possibilità
Alla luce della gran quantità di film che affolleranno le sale nei prossimi mesi, Netflix sarebbe un’ancora di salvataggio per produzioni, distribuzioni e autori. È la finestra che mancava a tutti quei piccoli film che faticano terribilmente, e che vogliono uscire in sala per poter accedere ai premi ministeriali e ai premi veri e propri, David e Nastri, che danno punteggio utile per quando si presentano i progetti alla commissione che eroga i fondi a sostegno del cinema italiano. Fondi che ricevono anche le sale che scelgono di proiettare film di interesse culturale e con altre specifiche di vario genere (film europei per il Programma Media e altro).
Alla fine, il problema è sempre lo stesso. Una questione di soldi, che servono, figuriamoci, a mandare avanti il sistema distributivo italiano. Ma oltre ai soldi, servirebbe anche lungimiranza, progettualità e una più moderna creatività nel promuovere il prodotto anche da parte della sala stessa.
Come succede, ad esempio, nel Regno Unito, dove un film straordinario e di un grandissimo autore, Mia madre di Nanni Moretti, è uscito contemporaneamente in selezionate sale arthouse, e sulle maggiori piattaforme digitali, così da poter raggiungere anche il pubblico che non avrebbe, per svariati motivi, avuto possibilità di goderne in sala.
Non è Netflix il problema. Il problema è la visione. Globale. Che continua a non esserci.
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