Edward Norton: conferenza stampa del film Motherless Brooklyn
17/10/2019 di Redazione
La conferenza stampa, con l’attore e regista Edward Norton e l’interprete Gugu Mbatha Raw, del film Motherless Brooklyn. Una storia carica di emotività.
Durante la conferenza stampa del film Motherless Brooklyn, film d’apertura della 14ª Festa del cinema di Roma, erano presenti il regista e interprete Edward Norton, e l’attrice Gugu Mbatha-Raw. Entrambi hanno raccontato non solo la realizzazione del film, ma cosa gli ha lasciato un progetto come questo. Un film con tanti temi e che porta a una riflessione importante.
Motherless Brooklyn è un film che arriva vent’anni dopo Fight Club e vent’anni dopo la sua prima regia. Ma sono passati molti anni anche dalla lettura del libro da cui è stato tratto, di Jonathan Lethem. Come è stato il progetto di realizzazione del film e cosa l’ha attratto del suo personaggio?
Edward Norton: “nel libro io ho visto una parte di me stesso, una buona parte di me stesso, e non ce ne sono così tante. È come se avessi visto il meglio di me. Il protagonista è un personaggio memorabile. Poi ho deciso di leggerlo in modo diverso, ricollegandolo alla storia sociale di New York. Ho messo insieme tutte le cose che secondo me non vanno, e non andavano in quell’epoca, ed è uscito fuori qualcosa di complesso. E approfondito. Il puzzle che è stato creato su tutta la storia è stato anche molto complicato”.
Gugu Mbatha-Raw, il suo personaggio è il nucleo emotivo di tutto il racconto. Lei in un certo senso salva il protagonista al contrario di molti film noir. Dove c’è una protagonista femminile ad essere salvata. Come avete lavorato su questo aspetto?
Gugu Mbatha-Raw: “mi sono innamorata subito della sceneggiatura. Non avevo mai letto un noir. Ho trovato così tanti strati diversi e punti di vista che hanno creato al film una bellissima cornice. Laura Rose non è una casalinga degli anni ’50, non è una cantante, una femme fatale, ma un’attivista, laureata in legge. Ha tanti aspetti che mi hanno colpito. Lavorare con Edward e sviluppare questa dinamica tra i due personaggi è stato come una danza. All’inizio pensano di aiutarsi per i loro obiettivi ma poi la loro relazione sfocia anche nel sentimentale. Inizialmente capiscono anche di essere entrambi emarginati dalla società. Trovo che il loro è un incontro non tradizionale”.
Edward Norton: “lei lo salva, lo trasforma. Penso che nel noir le donne sono parte della corruzione dell’uomo, anzi spingono l’eroe verso posizioni ciniche. Questo investigatore, Lionel, non è il classico uomo duro e freddo, e lei ha un ruolo attivo nei suoi confronti. Lo porta ad essere meno passivo e ad acquisire una sua propria moralità”.
Edward Norton, come hai costruito questo personaggio così complesso, unico protagonista di Motherless Brooklyn? E rispetto ai tuoi precedenti ruoli? Sono stati d’aiuto in qualche modo?
Edward Norton: “io non ricollego le sfide di un personaggio a cose già fatte in precedenza. Ogni personaggio è unico. Qualcuno mi ha parlato dei miei personaggi problematici, ma in realtà non è una cosa complementare, perché erano e sono tutti personaggi di finzione. Questa è la prima volta che recito la parte di un personaggio che ha una sindrome di cui soffre. Quando si interpreta il ruolo di una persona con un disturbo, bisogna stare più attenti. Si deve rispettare la sindrome in un certo senso, prendersi del tempo per studiarla ed incontrare chi ne soffre. La cosa interessante della sindrome di Tourette è che si esprime in modo molto personale. Io mi sono potuto concentrare su diversi sintomi“.
Gugu Mbatha-Raw è stato più facile essere dirette da un grandissimo attore? Che effetto fa?
Gugu Mbatha-Raw: “quando lavori con grandi attori succede sempre qualcosa, ed è un qualcosa che ti rimane dentro e che porterai con te per sempre, perché impari davvero molto da loro. Edward è un attore di talento, è molto rispettato dai suoi colleghi, è riuscito a mettere insieme un cast davvero incredibile. Per me è stato una grande fonte d’ispirazione. A me è piaciuta la sfida di questo progetto. Quando il tuo partner sul set è anche il regista, si vive una relazione più intima. Si è portati ad affinare la propria intuizione. Trovarsi lì, in trincea, perché la nostra è una vera e propria guerra, con Edward, è come sentirsi e vedersi dentro la scena. Lavorare con loro e con lui può davvero spingerti oltre i limiti. E anche a fare del tuo meglio”.
La colonna sonora è uno dei protagonisti del film, è fondamentale. Può parlarci della scelta delle musiche e del lavoro svolto da questo punto di vista? Poi: lei ha aperto una polemica con Spielberg su Netflix e le sale cinematografiche, su come una possa escludere l’altra, può chiarire questo discorso?
Edward Norton: “la musica nel film è un insieme di cose, temi ed epoche che io amo. Il mio amore per lo scrittore come prima cosa. Lavorare poi con un compositore come Thom è stato straordinario. Tutti hanno accolto la mia idea di… fusione quasi, di diversi stili. C’è un momento, una scena, dopo che Lionel scopre l’indizio finale, quando arriva alla stazione, c’è la stessa musica che era presente all’inizio del film. Quindi è come la chiusura di un cerchio, dà questa struttura circolare. È un lavoro di Daniel Pemberton, che ha ricalcato quanto fatto da Thom, che a sua volta ha alterato in chiave moderna quest’insieme di stili. Quel momento di Motherless Brooklyn per me contiene tutto, un lavoro fatto insieme in modo davvero straordinario. Ho scritto tutto in quattro settimane”.
Edward Norton: “per quanto riguarda quello che ho detto a Steven Spielberg su Netflix era una battuta e una conversazione privata. Spielberg per me è un mentore e un amico. Il giornalismo crea le polemiche anche dove non ci sono. Il modo in cui Netflix ha gestito Roma è stato positivo, non credo che questo rovini il cinema. Non è una polemica, ma un’osservazione. Prima si diceva che la tv avrebbe ucciso il cinema, ora è il turno di Netflix. Il mio era un commento diverso da come è stato riportato. Non è una questione controversa, penso che il giornalismo online debba essere seguito e letto con i giusti filtri”.
La musica jazz in qualche modo esprime il caos interiore del protagonista, è stata scelta anche per questo?
Edward Norton: “volevamo raccontare la storia di New York negli anni ’50 e il jazz era la musica dell’epoca. Mi piaceva l’idea che i grandi jazzisti facessero una sorta di musica hard pop basata sull’improvvisazione. Ed effettivamente sì, assomiglia alla sindrome di Lionel. C’è un’analogia con il pensiero compulsivo. E c’è un appunto importante sulla musica. È un conforto per Lionel, nel film l’ho resa più cinematografica e quindi ho descritto un momento di liberazione in cui il suo disturbo si tramuta in un piacere. E accade grazie a qualcosa di creativo e meraviglioso come la musica. Volevo raccontare per immagini un’emozione come il senso di libertà, attraverso la musica”.
La storia si svolge nel 1950. Ma oggi crede che un film come Motherless Brooklyn possa essere anche una sorta di messaggio contro lo status quo dell’America? C’è una relazione con la politica?
Edward Norton: “penso che la risposta sia chiara. Io non sto cercando di fare nessun trucco, io penso che se lei ha visto questo nel film, a me fa piacere. L’esperienza che stiamo vivendo nella democrazia liberale è una sorta di momento senza tempo. Tutti abbiamo investito nell’idea che sia il popolo ad avere un certo potere. Questa stessa idea è per in contrasto con quella della società moderna attuale., Ogni ideale è sempre minacciato da un altro. E lo sarà sempre. Vediamo un fluire di alti e bassi su quanto siamo disposti a tollerare. L’idea di questa presenza, di questa ombra, è interessante. E ci invita a restare sempre svegli, quasi in allerta in senso positivo”.
Abbiamo visto diversi personaggi detective affetti da sindromi. In questi casi alcune caratteristiche di una sindrome hanno dei vantaggi. In questo caso ci sono stati? Che cosa le ha trasmesso interpretare un personaggio affetto da quella di Tourette?
Edward Norton: “penso che nel film alcuni vantaggi del mio personaggio siano evidenti, ad esempio nel rapporto con Bruce Willis. Questa sindrome fa emergere l’umanità del mio personaggio. È quella la componente più interessante, perché la malattia in sé lo rende passivo. Solo quando incontra un’altra persona si rende conto di dover lottare in modo attivo, come capita a tanti di noi. Il mio personaggio si deve rendere conto che le difficoltà non sono delle ragioni per essere passivo. Questo è quello che mi piace. Il noir è molto cinico, io non volevo che Motherless Brooklyn esprimesse questo cinismo e quest’apatia”.
Lei si è ispirato al romanzo. Lo ha cambiato completamente lasciando i personaggi e alcune parti importanti. Gli ha dato un taglio più politico. Ha parlato con lo scrittore? Ci racconta magari i suoi dubbi?
Edward Norton: “io ho lavorato scrivendo la sceneggiatura con personaggi nuovi. Il cuore del romanzo è la loro agenzia, ma quello che succede dopo l’assassinio è stata una mia invenzione. Ho avuto ovviamente uno scambio di idee con Jonathan. Non potevo permettermi di non renderlo partecipe. Lui conosce molto bene il cinema. Abbiamo parlato a lungo, il romanzo è fantastico, ma era principalmente la storia di un personaggio. A lui la trama interessava da un solo punto di vista, io ho voluto mantenere il nucleo del personaggio portandolo ad un’avventura politica più profonda. A lui è piaciuta questa idea. Ha creato una sorta di James Bond”.