Luke Cage 2: Non c’è posto per gli eroi ad Harlem – Recensione
02/08/2018 di Redazione
Difficile etichettare Luke Cage entro i parametri tipici del supereroe senza macchia e senza paura. Luke Cage è un eroe dai poteri immensi, grandi quasi quanto i suoi tormenti personali.
La differenza fra oscurità e luce.
In quale punto finisce l’eroe e inizia il mostro? Fin dove il senso di equilibrio e giustizia si scontra con la brutalità determinata dalla propria forza? Un eroe può essere vendicativo quando serve la comunità? Luke Cage (Mike Colter) in questa stagione 2 affronta proprio, fra le altre cose, una crisi di identità che lo porta a mettere in dubbio persino il suo ruolo di eroe di Harlem.
La cieca convinzione che basti avere i poteri per riportare l’ordine nel quartiere di Harlem diventa subito una mera illusione. Luke Cage non può essere ovunque si delinque, si spacci, si uccida ad Harlem e questa sensazione sisfea sarà presente durante tutta la stagione 2 della serie.
Diventa così molto complicato separare l’oscurità alla quale porta lo sfiorare l’onnipotenza dalla luce di una piena giustizia e certezza di aver compiuto un atto equilibrato. Durante la violenta scena in cui Luke Cage affronta Cockroach si raggiunge il punto più alto di questa strana e difficile alchimia.
Luke sta per uccidere Cockroach e per la prima volta si capisce che la giustizia non è quella degli uomini e nemmeno quella di Dio, ma solo quella di Luke Cage. Questo spingersi dentro il male per fare giustizia corrisponde ad entrare in una stanza buia con un fiammifero: presto o tardi verremo inghiottiti dalle tenebre.
Tutto questo porta l’eroe di Harlem a mettere in crisi persino il rapporto con Claire (Rosario Dawson), che infatti verrà portato alla sua conclusione. Alla fine gli eroi devono tenere lontani coloro che amano perché sanno già che la loro vita non è fatta per la normalità e spesso avere amori e amicizie porta solo a perderli.
Credo che la serie abbia voluto concentrare i suoi sforzi nel dare significato al fatto che nessun mostro è assoluto male e nessun eroe è il bene intoccabile e candido. Mariah Dillard è mostro nella stessa misura in cui ama Harlem in modo puro e sincero, Luke Cage è l’eroe del quartiere nella stessa misura in cui pesta a sangue Cockroach ergendosi a giudice e boia senza pietà.
La famiglia: il centro nevralgico di Luke Cage 2.
Se esiste un punto comune fra i principali protagonisti di questa seconda stagione, questa è sicuramente la famiglia. No non parliamo ovviamente delle famiglia perfetta, ma pur sempre di un concetto di legame di sangue che alla fine determina molto di quello che si è.
Nessuna famiglia descritta nella serie è felice, serena o realizzata. Sono famiglie tormentate, complicate, vendicative. Ma sono anche solidali, passionali e fortemente connotate. L’arrivo di Bushmaster (Mustafa Shakir) determina subito un tuffo dentro un confronto fra famiglie, una volta unite e felici nel loro delinquere o nel loro cooperare e rovinate dalla cattiveria e dagli interessi.
Perfino Shades (Theo Rossi) ha una sua famiglia, una famiglia particolare nata dalla strada e dalla necessità di sopravvivere in un mondo violento. Lui ha Comanche l’amico di sempre, il confidente con cui ricordare i bei tempi andati e quell’età dell’innocenza così breve da essere ormai solo uno sbiadito ricordo.
Sarebbe difficile per me approfondire tutti i personaggi di Luke Cage 2 in modo compiuto perché diventerebbe una specie di libro e non una recensione della serie nel suo complesso, ma i personaggi dei fumetti Marvel riscritti da Netflix e Marvel per la serialità, sono delle icone perfette della complessità dell’animo umano e della variopinta scala di grigi della loro esistenza.
Luke Cage vive una sorta di odio per un padre, James (un grandissimo e compianto Reg E. Cathey), che nato per perdonare gli altri non è stato capace di credere all’innocenza del proprio figlio e proprio lui che parla in nome di Dio e che ha una parola di conforto, un consiglio per tutti non è stato capace di stare vicino al proprio figlio accusandolo persino della morte della moglie malata.
L’aver riallacciato i rapporti fra di loro ha permesso di parlare, di confrontarsi di sputarsi addosso le cose cattive pensate fino a quel momento, un modo per capire il punto di vista l’uno dell’altro e superare rabbia e delusione e provare a ricominciare. La scomparsa dell’attore ha forse costretto gli sceneggiatori a fare delle varianti alla storia, ma quello che resta è un affresco notevole di un rapporto padre e figlio recuperato che forse ha permesso a Luke Cage di perdere quella tendenza all’oscuro che stava per circondarlo (il famoso fiammifero che diventa una più stabile candela).
Non si può fare lo stesso discorso con la famiglia della Dillard. Tilda (Gabrielle Dennis), la figlia, è quanto di più lontano si possa pensare rispetto alla madre. Ma nel corso degli episodi viene presa all’interno delle spire che sono quelle non soltanto di sangue ma anche e soprattutto di coscienza.
La presa d’atto che essa stessa è prodotto non di un atto d’amore, ma di una mostruosa violenza, un incesto che la rende in qualche maniera parte integrante del fango nel quale sguazza la madre e la famiglia Stokes, cognome tanto odiato e poi riabilitato in nome del male dalla stessa Mariah.
Questa discesa negli inferi che va oltre ciò che la ragazza aveva immaginato. Tutto questo la porta ad un odio profondo, una repulsione per la madre, per il sangue che gli scorre nelle vene che in parte può ricordare una tragedia di stampo shakespeariano, qualcosa che richiama vendetta e che porta a far diventare il tuo peggior nemico (Bushmasters), un uomo più degno della mamma.
Misty Knight la co-protagonista dello show.
Sicuramente il personaggio di Misty Knight (Simone Missick) è quello più presente nella stagione 2 di Luke Cage. Anzi se avessero titolato la serie Luke and Misty nessuno avrebbe potuto gridare allo scandalo. Misty rappresenta in qualche modo sia la giustizia che la coscienza e fra tutti i personaggi è forse quella il cui modus operandi non cambia nel corso delle puntate.
L’investigatrice infatti, è quel personaggio al quale resti legato proprio perché sai che qualunque cosa accada, lei resterà la stessa cazzuta poliziotta, furba, abile e ben connotata. Il mondo intorno a lei può crollare, le amiche morire, il male incombere, ma Misty sa che presto o tardi la mano della giustizia arriva.
Ma non pensate a lei come a qualcosa di freddo e distaccato. Mercedes Knight è una donna di forti passioni, di grande cuore. Ha sacrificato un braccio per salvare Claire e Colleen in The Defenders, ma ha così ben radicato il suo essere poliziotto unito alla incrollabile fede nella giustizia, che ha atteso pazientemente che Shades confessasse i suoi crimini per poi incastrarlo. Un’altro personaggio della serie avrebbe fatto subito giustizia sommaria, ma non lei che infatti rappresenta forse più di Luke Cage stesso, la vera protagonista della stagione.
Ho davvero amato Misty Knight in questa stagione. Non solo per la sua caparbia coerenza ma anche per l’interpretazione divina di Simone Missick che è riuscita a dare un volto drammatico ed efficace dell’unica vera eroina della serie.