Il coraggio della verità: Recensione, l’importante è non smettere mai di fare la cosa giusta

14/03/2019 di Redazione

Il coraggio della verità (titolo già usato dalla nostra poco fantasiosa distribuzione per un’altra pellicola), è in realtà The hate U give, titolo dell’omonimo romanzo young adult da cui è tratto, romanzo scritto da Angie Thomas. The hate U give è stato un classico caso editoriale di successo. Questo film, che traspone il romanzo in oltre due ore di pellicola, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2018, alla presenza del regista George Tillman Jr.

La storia della giovanissima Starr (Amandla Stenberg) divisa tra due mondi il ricco e bianco dove frequenta la prestigiosa scuola privata Williamson e quello del quartiere dove è cresciuta di Garden Heights, un quartiere totalmente black, dove la ragazzina è cresciuta con le lezioni di sopravvivenza impartitele dal padre, attinte direttamente dal decalogo del codice delle Pantere Nere.

Il coraggio della verità

Un drammatico evento frantumerà il fragile equilibrio costruito dall’adolescente, costringendola ad affrontare in modo drammatico il pregiudizio e la discriminazione razziale. Sarebbe facile liquidare la pellicola come un film prodotto a seguito della presenza di Donald Trump alla Casa Bianca, dato che durante l’era Obama i neri americani non erano certo stati trattati meglio sia nei film che nella vita vera. Nella pellicola l’elemento dirompente sarà l’abuso di un poliziotto bianco dal grilletto facile (ma scopriremo poi nel corso della storia che ne aveva comunque dei motivi validi), tragici accadimenti fin troppo frequenti negli States.

Il regista, attingendo a piene mani dal romanzo, cerca di condurci in realtà dentro il dramma vissuto dalla protagonista Starr. Lei è l’unica testimone dell’abuso del poliziotto che uccide il suo amico di colore, scambiando una spazzola che tiene in mano per una pistola. Il ragazzo non ha un passato cristallino come molti di quelli che vivono in un ghetto e in breve il forte contrasto e le scelte che dovrà compiere la giovane Starr porteranno i due mondi a collidere in modo devastante.

Il film seguendo la trama del libro, ci mostrerà le ragioni di tutti, a partire da quelle del giovane agente di polizia, le cui azioni sono frutto dell’ambiente e delle regole non scritte, delle pressioni dei colleghi, di un mondo che pare connettere senza scampo le persone di colore a quello dello spaccio delle droghe, spaccio organizzato, come noto, da temibili gang.

Il coraggio della verità

Tillman sceglie una via originale mainstream per raccontarci questa storia: un film patinato nella sua confezione, con bravi e attraenti attori, in netto contrasto con le vicende e con quello che ci vuole mostrare. Il suo intento è chiaro, quello di portare quanto più pubblico ad accedere al film per comprendere la storia, i motivi del dilagante razzismo e dei pregiudizi che l’America non sembra in grado di superare. Anzi ora più che mai sembrano essere tornati alla ribalta con un presidente in carica accusato di atteggiamenti che possono fare piacere a chi ha tendenze razziste.

Nel Il coraggio della verità, ricorre il motto del noto rapper come Tupac, il quale dopo i successi musicali diede vita alla crew “T.H.U.G. L.I.F.E.” acronimo che sta per “The Hate U Gave Little Infants Fucks Everybody”, acronimo che tradotto in modo non letterale, suona così: “l’odio che diffondete tra i più giovani fotte tutti”. E più volte lo troveremo citato dalla protagonista Starr.


Un messaggio che ben si coniuga anche alla via tracciata cinematograficamente da Spike Lee , e nel suo complesso tutta la pellicola riesce a trasmettere in modo efficace il suo messaggio contro il razzismo. Resta il dubbio, anche forte, come il continuo sottolineare le colpe di questa o dell’altra parte, in realtà non aiutino affatto alla conciliazione, alla comprensione reciproca, la terribile sensazione dell’odio contro tutto e tutti sembra in realtà appartenere all’umanità. Forse il colore della pelle è solo una conseguenza e la protagonista della nostra storia Starr, dalla doppia “r”, in realtà alla fine non riuscirà a comprendere a quale mondo appartiene: se bianco o nero e forse è questo l’aspetto più valido e al tempo stesso inquietante della pellicola.

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