I bambini di Rue Saint-Maur 209: Recensione, la memoria dell’Olocausto

24/01/2019 di Redazione

Come ogni anno in occasione della settimana della memoria vengono proposte o riproposte numerose pellicole dedicate all’Olocausto. I bambini di Rue Saint Maur 209 appartiene alla categoria dei documentari, quelli dedicati proprio alla conservazione della memoria, in ricordo di quella tragedia e di quei pochi fortunati sopravvissuti.

Ma questa volta è un palazzo di Parigi, ancora intatto, che attraverso lo splendido lavoro di ricostruzione di Ruth Zylberman ci restituisce non solo un piccolo pezzo di storia, ma la restituisce a coloro che lo hanno abitato, che hanno giocato nel suo cortile, che lo hanno vissuto fino al giorno dove la loro la vita è stata semplicemente sconvolta, e per molti persa.

È stato scoprendo il censimento del 1936 che mi sono accorta che un terzo dei 300 abitanti del 209 di Rue Saint-Maur erano ebrei. Dei 52 deportati, nove erano bambini. I suoni, gli odori, gli oggetti familiari dei luoghi dove abbiamo vissuto impregnano la nostra memoria. Per quelli la cui condizione di sopravvivenza è stata di nascondere ciò che ha spezzato la loro vita, una rampa di scale, il pavimento di un cortile, un corridoio o una finestra sono tante piccole pietre verso un passato ritrovato che, anche se in forma frammentata, essi saranno capaci di trasmettere“. Sono le parole di
Ruth Zylberman la regista e storica, che ha documentato numerose persecuzioni sui nazisti, che ci raccontano non solo un semplice documentario ma una vera e propria avventura della memoria. Il lavoro di Ruth non si è limitato solo a ricostruire quelle vite perdute, è andata ben oltre. In un pacato e lento documentario dominato dalle testimonianze dei suoi inquilini ancora in vita, questi ci riportano in quella via dove tutti si conoscevano, tanti erano profughi che venivano dalla Polonia, altri dalla Romania, rifugiati nella città della rivoluzione francese, nel paese dei diritti dell’uomo. Ma quando la Francia viene sconfitta e i tedeschi occupano la città in breve la vita per una parte di quegli inquilini cambia, loro sono ebrei. La pellicola riesce a trasmettere con grande forza emotiva tutti quei momenti belli, altri terribili attraverso i suoi testimoni, a volte reticenti, che sembrano non voler ricordare, all’epoca erano solo dei bambini.

Ma il lungo lavoro di ricostruzione della Zylberman è differente dallo splendido bianco e nero di Steven Spielberg. Solo con le parole dei suoi bambini ritrovati, riesce a trasmettere suoni e immagini di quel luogo che ci viene restituito in questa drammatica, ma al tempo stesso commovente storia. Una storia che vede anche al suo termine offrire l’insperata possibilità a quei bambini di incontrarsi di nuovo, quasi al termine della loro vita, in quel palazzo dove avevano vissuto per tanti anni, dove sono stati accuditi, aiutati e salvati, mentre i loro genitori sparivano per sempre vittime delle deportazioni. E se veramente ogni anno vale la pena ricordare al mondo cosa è successo, chi meglio di un gruppo di bambini che non hai mai dimenticato può farlo.

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