Chicago Med 3×10 – Recensione: La forza di una giovane donna
02/03/2018 di Redazione
La terza stagione di Chicago Med è tornata sul piccolo schermo. Protagoniste di questo nuovo episodio le donne, la loro forza e testardaggine, il loro modo di guardare il mondo e combattere le ingiustizie.
Ma partiamo da Sarah Reese e il Dr. Charles. Dopo mesi di terapia, dopo aver affrontato le sue paure, la Dr. Reese è tornata al Chicago Med più forte di prima, e forse anche un po’ incosciente. Un uomo con la paura di essere “perverso”, di poter uccidere la moglie da un momento all’altro. Daniel Charles voleva ricoverarlo, era la cosa giusta da fare secondo la colonna portante del Chicago Med. Ma la sua pupilla non era d’accordo e, anche questa volta, ha agito per conto suo.
L’incoscienza di Sarah Reese nel nuovo episodio di Chicago Med 3
La rabbia e la paura del Dr. Charles sono esplose in un momento. Sarah avrebbe potuto causare danni irreparabili mettendo tra le mani di quell’uomo quel coltello. Non siamo supereroi, non abbiamo superpoteri che ci permettono di affrontare ogni cosa. La terapia applicata da Sarah a quel paziente ha dato ragione alla Dr. Reese, e non so se sono stata la sola…
Ma negli occhi del Dr. Charles ho visto orgoglio, solo per un istante, in quegli ultimi minuti finali. Orgoglioso della donna che Sarah sta diventando, del suo coraggio e della sua forza. Quella che credeva di aver perso. Certo, Sarah avrebbe dovuto ascoltare il suo superiore. Ma chi di noi non ha mai disobbedito credendo di fare la cosa giusta?
Il dolore di Maggie in Chicago Med 3
E parlando di bugie… Maggie e Barry. Nonostante la sparatoria, nonostante la paura e il ferimento di quelle due persone, tutto sembrava andare per il verso giusto per Maggie. Dopo aver lottato tanto nel tentativo di allontanare Barry, Maggie si è lasciata andare… solo per scoprire la più grande menzogna in cui ha vissuto. Una vita diversa da quella che le era stata raccontata, un’identità sconosciuta quella di Barry mentre nella mente di Maggie c’è una sola domanda: perché?