Cannes 2018, Dogman: Recensione del bellissimo film di Matteo Garrone

Il Canaro di Matteo Garrone incanta a Cannes in Dogman con degli straordinari Marcello Fonte e Edoardo Pesce incorniciati dalla meravigliosa fotografia di Nicolai Bruel. La recensione in anteprima.

Matteo Garrone è ormai un habitué al Canaro della Magliana Pietro DeNegri che qui però cambia diventando un film sulla condizione umana della paura grazie  ad un lavoro incredibile sulla sceneggiatura e al personaggio  di Marcello interpretato con una fantastica caratterizzazione da Marcello Fonte.
Marcello Fonte è straordinario protagonista in Dogman

Matteo Garrone riesce a ritrarre le paure e le sfumature dell’animo umano come pochi registi contemporanei, entra nei dettagli mostrandoci come Dogman non sia il lavoro con gli amici a quattro zampe del protagonista, ma bensì la condizione sociale di totale sottomissione e incapacità di reagire nei confronti del “bullo” del quartiere Simoncino, anche lui interpretato magistralmente da Edoardo Pesce.

Dogman, un angosciosa ricerca di dignità e accettazione

Un rapporto di paura, di rassegnazione quello tra Simoncino e Marcello in Dogman

Dogman è un film sociale, che mostra la disaffezione di alcuni territori più emarginati verso le forze dell’ordine e del rispetto della legalità, un territorio dove l’unica legge che conta è la propria. La tragedia vera è quella di Marcello, che trova conforto solo negli amici a quattro zampe nei quali vede un’umanità ormai quasi introvabile nelle persone. Un personaggio che rimanda ad una comicità vecchio stampo, una grande dolcezza fondamentale nella ricerca di un equilibrio e dell’accettazione nella comunità di frontiera in cui vive.
La sua luce personale è la figlia, piccolo raggio di sole oltre agli animali e alla quale riesce a donare in modo incondizionato tutta la sua umanità di padre mostrando al pubblico la sua reale essenza che non tradisce neppure nell’oscurità massima. La scena in nel negozio in cui chiede soltanto delle scuse a Simoncino è la fotografia dell’angosciosa richiesta del riconoscimento di una dignità a Marcello sconosciuta.

Dogman, straordinario e segnante grazie alla semplicità

Solo gli animali restituiscono in Dogman a Marcello la bontà che rappresenta la vera essenza del personaggio

Dogman è semplice, lineare, come pochi altri film visti a questo festival ma proprio per questo ha un impatto devastante in grado di arrivare ad ogni spettatore non lasciando indifferenti. Devastante come la bestialità umana possa risiedere nel profondo e scatenarsi anche nell’animo più sensibile quando questo viene messo in tensione oltre ogni limite. È una bestialità però portata dall’istinto di sopravvivenza, quasi a voler fotografare l’inquietante e sofferente situazione sociale che stiamo vivendo. La paura è uno dei temi centrali dell’opera e di tutta la condizione sociale di Marcello in cui tutti possono rispecchiarsi.
La fotografia in Dogman gioca con delle luci meravigliose

La fotografia di Nicolaj Bruel completa un quadro splendido quanto devastante, riesce ad essere a supporto alla condizione dei personaggi in Dogman  iniziando in modo luminoso per diventare man mano sempre più plumbea. Matteo Garrone anche questa volta strappa applausi sinceri e convinti al pubblico della Croisette rendendo bella sul grande schermo un’altra oscura storia italiana. Il suo cinema d’umanità va oltre le apparenze restando dentro in modo indelebile come i suoi personaggi.
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