Alita – Angelo della Battaglia: Recensione, James Cameron e Robert Rodriguez
11/02/2019 di Redazione
Alita: Angelo della battaglia è un progetto rimasto chiuso nel cassetto di una scrivania, quella di James Cameron, per molto tempo. L’idea del progetto cinematografico era nata dopo la pubblicazione dell’omonimo manga di Yukito Kishiro, pubblicato negli anni Novanta, che aveva riscontrato un grande successo negli Stati Uniti per la Viz Comics, mentre è stato pubblicato in Italia a partire dal 1997 per la Planet Manga della Panini Comics.
E’ una premessa importante, perché parliamo di una storia molto anni Novanta e molto vicina ai temi cari al regista di Titanic e Avatar per non parlare di Terminator. Ed è proprio grazie a colui che con Avatar e l’uso delle nuove tecnologie digitali ha aperto la strada ad una infinita serie di progetti, prima impossibili da realizzare a livello cinematografico, che il mondo di Alita proiettato nel lontano futuro dell’anno 2563 può essere finalmente concretizzato nella versione live action; ma, figurandovi soltanto in qualità di sceneggiatore e produttore, in quanto al timone della regia troviamo il suo amico di vecchia data Robert Rodriguez (Sin city, Machete), il quale ha ripreso l’originale script apportando debite modifiche, pur lasciando il cuore della storia e, soprattutto, i grandi occhioni in stile manga della protagonista. Il risultato è un’avventura in 3D incredibile dal punto vista visivo (e per chi ne ha la possibilità si consiglia la visione IMAX), ma che, ad un certo punto, si distacca dalla storia originale del manga.
Una storia che si svolge in un mondo diviso dallo sviluppo tecnologico dove troviamo la città di Zalem, sospesa nel cielo, e Iron City, città discarica in cui il corpo del cyborg Alita (Rosa Salazar), dal cervello umano, viene trovato dal dottor Daisuke Ido (Christoph Waltz), che provvede a ripararlo. Ma Alita ha perso tutta la sua memoria e il dottore, in breve, la educa come un Pinocchio al femminile, consentendole di iniziare a scoprire il mondo e le tante emozioni umane, unite a dei frammenti di ricordi delle battaglie passate, quando era un cyborg da guerra.
Rodriguez, segue la strada tracciata da Cameron con l’uso del motion capture e di tutti i ritrovati tecnologici della factory del cineasta, rendendo sempre più lontani i tempi degli esordi low budget della sua opera prima come El mariachi; mentre a supportarlo è anche il cast di comprimari, da Jennifer Connelly a Mahershala Ali, la prima nei panni di Chiren, ex moglie di Ido, l’altro in quelli di Vector, ovvero colui che lavora per la sospesa città di Zalem e manovra in modo oscuro la raccolta di pezzi di ricambio umani e non, destinati ai cyborg che popolano Iron City.
Un’impresa difficile condensare in circa due ore di visione una vicenda che già sappiamo merita un seguito, che scopriamo con un finale conclusivo, ma che in realtà lascia aperta la continuazione della storia.
In Alita: Angelo della battaglia troviamo anche il motorball, gioco per il quale l’autore del manga si era dichiaratamente ispirato al film Rollerball e che ben si sposa con la storia e le capacità del regista nel gestire le numerose sequenze d’azione, anche se l’aggiunta nella storia di alcuni ritagli romantici (necessari, probabilmente, per il grande pubblico) rischiano di far perdere il vero punto di vista del fumetto e, forse, anche dell’idea centrale di Cameron, il motivo principale per il quale voleva da tanto tempo portare sul grande schermo questa storia.
Una storia che ci parla non solo di corpi che vengono modificati, di cyborg e umani, ma ci narra la storia di un’umanità condannata al 99% a vivere in un mondo discarica mentre solo l’1% si trova nel dorato mondo di Zalem. Temi da sempre cari alla fantascienza, sebbene la situazione attuale ci fa apparire vicino il 2563 inscenato nel film. Lo sviluppo tecnologico attuale è sempre più pervasivo e nonostante i grandi progressi, sembra riportare solo vantaggi solamente ad un numero limitato di persone, che possiamo contare con le dita delle mani.
Nel complesso la pellicola risulta decisamente godibile, manca forse il tocco di Cameron, impegnato nei sequel di Avatar, ma senza dubbio Rodriguez riesce validamente a dirigere una storia che forse risente un pò del fascino degli anni ’90 a livello cinematografico, ma che ben si sposa con le attuali tecnologie riuscendo a fondere al meglio effetti speciali mirabolanti con l’interessante e intricata trama che aveva tessuto in origine l’autore giapponese del manga.