La guerra tra la Germania e Telegram (e non solo) e il contrattacco dei social

A Big Tech non piacciono gli aggiornamenti del NetzDG che prevedono una maggiore collaborazione con le forze dell'ordine

04/02/2022 di Gianmichele Laino

La Germania sta cercando di mettere un argine sostanzioso all’hate speech cercando di aggiornare una legge del 2017, conosciuta come il NetzDG (o Network Enforcement Act). In principio, questa legge prevedeva esclusivamente la rimozione di contenuti violenti dalle piattaforme social con un numero superiore ai due milioni di utenti, ma successivamente – in seguito anche a fatti di cronaca che hanno attraversato la Germania, scatenati da motivazioni collegate all’odio strisciante sui social network – si è reso necessario un aggiornamento da parte del legislatore. In base alle ultime modifiche, i parlamentari tedeschi chiedono alle piattaforme social di inviare contenuti illegali – comprese foto di svastiche o post che incitano alla violenza – e dati degli utenti a un’agenzia centrale delle forze dell’ordine, l’Ufficio federale di polizia criminale (BKA). Questo trasferimento dei dati da parte delle piattaforme, inoltre, non deve essere immediatamente comunicato all’utente: Big Tech deve aspettare almeno 30 giorni prima di poter avvisare l’utente (evidentemente, in modo tale che quest’ultimo non alteri in alcun modo i contenuti ormai postati o non prenda provvedimenti riparatori di diverso tipo), a meno che non ci sia l’intervento delle piattaforme a ostacolare anche questa comunicazione.

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Social contro la Germania per i nuovi aggiornamenti alla legge sull’odio online

Nei giorni scorsi, la Germania – per bocca della sua ministra dell’Interno – aveva minacciato di chiudere Telegram, in seguito all’utilizzo fatto del servizio di messaggistica da parte di alcuni attivisti del movimento dei no-vax, disposti a diffondere informazioni sensibili, messaggi d’odio e vere e proprie minacce alle autorità nei vari canali da loro frequentati. Tuttavia, il processo di chiusura di una applicazione come Telegram da parte di un Paese occidentale è abbastanza inverosimile e le motivazioni vanno dalle difficoltà oggettive (è facilmente aggirabile uno spegnimento dell’applicazione, grazie all’utilizzo di VPN esteri o, semplicemente, della versione desktop dell’applicazione), fino a quelle politiche.

Tuttavia, non è solo Telegram sul banco degli imputati. Vista la vastità dell’applicazione del cosiddetto NetzDG, l’intero mondo di Big Tech è corso ai ripari, lanciando una serie di azioni legali rispetto alle decisioni del parlamento tedesco. Secondo le piattaforme, la trasmissione dei dati degli utenti a una autorità di controllo non risponde alle esigenze della privacy che la stessa Unione Europea ha stabilito all’interno dei suoi Paesi membri. Inoltre, in questo modo – sostengono le grandi piattaforme – i social network si trasformerebbero in una sorta di procura della Repubblica federale, con la trasmissione di prove indiziarie alle autorità giudiziarie che poi dovrebbero completare (o meno) l’iter legale.

Facebook (Meta), YouTube, Twitter e TikTok si sono ribellati a quanto disposto dagli emendamenti al NetzDG. Unanime il coro di proteste che arriva dai portavoce di queste piattaforme in Germania. Così come diffuse sono le preoccupazioni che questo sistema di legge federale possa in qualche modo entrare in conflitto con il Digital Services Act dell’Unione Europea che, qualche giorno fa, è stato approvato a maggioranza dal Parlamento UE e che, adesso, passerà all’esame del Consiglio e al confronto tra istituzioni europee e Paesi membri. La battaglia tra la Germania e le piattaforme social sull’hate speech si annuncia come il nuovo fronte aperto della politica internazionale e del suo rapporto con Big Tech.

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