Come la nascita di un sindacato Amazon potrebbe cambiare il futuro dei grandi colossi dell’era digitale

I lavoratori di Amazon si ribellano a ritmi e imposizioni del colosso e domani potrebbe nascere il primo sindacato che ne garantisce i diritti

29/03/2021 di Ilaria Roncone

Domani verrà deciso se nascerà o meno il primo sindacato Amazon negli Stati Uniti, precisamente in Alabama. Tutto dipende dall’esito del voto di 6 mila lavoratori nello stabilimento di Bessemer. I dipendenti Amazon hanno avuto sette settimane per votare – che termineranno il 30 marzo –  e decidere se iscriversi al sindacato. Da domani inizia il conteggio e, qualora la maggioranza votasse sì, i dipendenti del magazzino dell’Alabama diventerebbero i primi di Amazon ad essere iscritti a un sindacato. La fine di un’era, se si considera che Amazon ha sempre organizzato il suo lavoro come meglio credeva senza dover gestire pressioni esterne. Pressioni che, a questo punto, sembrano essere divenute necessarie visti gli ultimi sviluppi, con i lavoratori in sciopero e le proteste per i meccanismi di controllo dell’operato troppo invadenti.

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Primo sindacato Amazon in Usa

La logistica di Amazon viene da sempre presa come esempio virtuoso ma i dipendenti, coloro sui quali questo meccanismo si basa, stanno evidenziando tutti i limiti nell’organizzazione del lavoro del colosso. Dall’esito del voto che termina oggi potrebbe dipendere il futuro dell’intera logistica negli Usa. Le richieste dei dipendenti sono molteplici: si parla innanzitutto delle metriche di produttività – definite troppo esigenti – tanto da rendere estenuante il lavoro e da far sentire i dipendenti stressati e disumanizzati. Amazon si basa su “takt time”, ovvero il lasso di tempo medio nel quale i dipendenti svolgono una certa attività, e il “time of task”, ovvero il tempo trascorso senza scansionare articoli, come spiega The Verge. Tutti i dipendenti che non riescono a mantenere un ritmo veloce secondo i parametri di Amazon subiscono dei richiamo oppure vengono licenziati. Un dipendente ha affermato che «è arrivato al punto in cui le persone hanno iniziato a lamentarsi di andare in bagno e tornare indietro e qualcosa è stato detto loro sul loro tempo necessario per aumentare».

Come si difende Amazon

Il portavoce di Amazon, Heather Knox, ha difeso la sua azienda via mail spiegando che «come la maggior parte delle aziende, abbiamo aspettative sulle prestazioni per dipendente, sia esso un dell’azienda o un collaboratore del centro logistico, e misuriamo le prestazioni effettive rispetto a tali aspettative, su un lungo periodo di tempo». Ci sarebbe anche supporto per le persone che non riescono a tenere il ritmo, ovvero «un coaching dedicato per aiutarle a migliorare». Sulla questione bagno e pause il portavoce ha affermato che i dipendenti «sono autorizzati a fare uno spuntino, acqua o usare il bagno ogni volta che è necessario», non toccando però in alcun modo le critiche ricevute da parte di chi ha detto di essere stato penalizzato per averlo fatto.

La nascita del sindacato ha quindi lo scopo di garantire i diritti dei lavoratori e un ritmo di lavoro più umano, impedendo di licenziare così facilmente le persone. L’agitazione dei dipendenti Amazon e dei grandi colossi di delivery come Just Eat continua, quindi, e ben presto gli effetti diventeranno tangibili. Forse già a partire da domani inizierà un braccio di ferro continuo, quello per i diritti dei lavoratori dei grandi colossi dell’era digitale.

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