Silvia Romano ha scelto il nome Aisha, in un taccuino tutto il diario della sua prigionia

È un processo noto nella conversione all’islam. Il cambiamento di vita che si attua abbracciando la nuova fede deve essere in qualche modo segnalato dalla scelta di un nuovo nome. Anche Silvia Romano si è costruita questo rito di passaggio e adesso ha un nuovo nome. Dopo la sua conversione all’islam, che è stata resa pubblica nella giornata di ieri, quando è atterrata a Ciampino indossando un vestito tradizionale somalo, il nuovo nome di Silvia Romano è Aisha. È stato lei stessa a spiegarlo alla psicologa che l’ha seguita in tutto il viaggio da Mogadiscio a Roma.

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Silvia Romano nuovo nome: ora si chiama Aisha

Ma questo è un dettaglio che riguarda il suo personalissimo percorso spirituale. Per quanto riguarda gli elementi forniti alla procura di Roma, nella persona del pubblico ministero Sergio Colaiocco, Silvia Romano è stata molto più precisa nel fornire dettagli, date, elementi utili che possano contribuire a individuare esattamente quello che sta facendo la cellula terroristica di al-Shabaab in Somalia.

Silvia Romano ha parlato di due momenti della sua prigionia. Innanzitutto quello successivo al rapimento. A Chakama, in Kenya, è stata prelevata da una persona del villaggio che conosceva. Quest’ultima, insieme ad alcune altre persone, l’ha consegnata a quelli che poi, in Somalia, sarebbero diventati i suoi carcerieri. Due gruppi di persone da tre, tutti uomini. Di nessuno di loro Silvia Romano avrebbe mai visto il volto, dal momento che quando interagivano con lei ce l’avevano coperto.

Silvia Romano nuovo nome e un taccuino in cui annotare il diario della prigionia

Nel primo, terribile mese, Silvia Romano ha viaggiato a lungo per arrivare nei villaggi somali (i suoi carcerieri le hanno fatto cambiare almeno sei covi). Nel corso dei primi giorni di prigionia si era anche ammalata ed è stata curata. Non le sarebbe mai stata usata violenza, sarebbe sempre stata trattata bene, non sarebbe stata costretta a sposarsi, avrebbe ricevuto sempre il cibo disponibile, una volta addirittura degli spaghetti, non è incinta. Quando è diventato chiaro che sarebbe rimasta nel nascondiglio sotto sorveglianza, ha chiesto un taccuino per annotare gli spostamenti e il trascorrere dei giorni. In quel diario, c’è tutta la prigionia di Silvia Romano.

Ai pm ha spiegato di aver girato tre video durante la prigionia: quelle immagini sono state la prova essenziale che hanno permesso all’Aise di condurre la trattativa per il suo ritorno in Italia. Nella seconda parte della sua prigionia, poi, Silvia Romano ha chiesto un Corano, con testo italiano a fronte. È stato in quel periodo che è maturata la sua conversione. La ragazza dice di aver capito – soltanto uno dei suoi carcerieri parlava inglese – che i suoi rapitori volevano soldi per liberarla. Ma non ha mai sentito espliciti riferimenti alle cifre. Al momento si parla di un riscatto compreso tra i 2 e i 4 milioni di euro.

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