Si muore “con Covid o per Covid”? Ce lo spiegano le ultime stime dell’ISS

Mentre il governo vara nuove regole per fermare la curva epidemica torna in rete il dibattito sulla mortalità del Covid 19

26/10/2020 di Daniele Tempera

Mentre il Covid-19 continua a cambiare le nostre vite e la conta dei contagiati, e purtroppo dei decessi, continua ad aumentare, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato negli scorsi giorni uno studio sulla totalità dei decessi attribuiti al Covid-19 da inizio epidemia fino al 22 ottobre 2020. Una serie di dati strutturati per fare chiarezza sull’enorme mole di voci incontrollate e opinioni che vengono diffuse in rete e, in generale, su tutti i media mainstream. Parliamo di un campione di 36.806 donne e uomini deceduti in seguito a una diagnosi di nuovo coronavirus.

Decessi per Covid-19: i dati ricorrenti

La maggior parte delle vittime è concentrata in Lombardia (46.5%) e nelle regioni del Nord Italia, una stima che evoca l’enorme prezzo pagato da una parte del Paese nel corso della prima ondata epidemica, che ha colpito fortemente molte province lombarde. Le donne, ad ogni età, sembrano avere una mortalità nettamente inferiore rispetto agli uomini, fatta eccezione per quel che concerne gli ultra-novantenni. L’età media delle vittime salita, nel corso della prima fase dell’epidemia a 83 anni, si attesta oggi sugli 80 anni.

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Sono stati gli anziani a pagare indubbiamente il prezzo più alto della pandemia finora, oltre 15mila vittime avevano un’età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, ma la percentuale di vittime rimane purtroppo significativa anche nelle fasce di età compresa tra i 70 e i 79 anni e tra i 60 e i 69. Sono 1294 le vittime comprese tra i 50 e i 59 anni, 322 quelle tra i 40 e i 49. Tra l’insorgenza dei sintomi e il decesso sono decorsi spesso appena 12 giorni.

Covid-19: una malattia che colpisce le fragilità

Quel che sembra evidente è che l’infezione da Covid-19 faccia molto più male a chi ha già altre fragilità. Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità circa il 63.6% delle vittime aveva 3 o più patologie pre-esistenti al momento del decesso, il 19.6% almeno due, il 13.3% una. Stime che sembrerebbero dare ragione a coloro che affermano che il Covid-19 sia una causa collaterale rispetto ad altre patologie e uno stato clinico già compromesso. Ma, al di là della sua non eticità, quanto è vera questa affermazione?

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Le malattie dalle quali sono affetti molti pazienti di Covid-19 non sono patologie incurabili, né invalidanti in Italia nel 2020. La maggior parte delle vittime era affetta, al momento del decesso da ipertensione arteriosa (65.6%), seguita da diabete mellito (29.2%) e cardiopatie (27.8%). Il 10% delle vittime era “semplicemente” obeso.

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Se si incrociano questi dati con quelli Istat relativi alla predominanza delle malattie croniche e la loro tipologia, si intuisce il perché di un disastro sanitario. Tra i cittadini con più di 75 anni, nel 2018 oltre l’86.9% degli italiani soffriva di una malattia cronica, il 66.6% di ben due malattie croniche. Tra la fascia compresa tra i 50 e i 59 anni il 54.1% degli italiani soffriva di almeno una malattia cronica, il 26.3% di almeno due. Quali? Esattamente quelle rilevate in molti decessi da Covid-19.

In particolare proprio di alta pressione arteriosa, disturbo di cui soffrono quasi tre italiani su 10 a 50 anni e circa la metà dei nostri connazionali dopo i 75, o il diabete mellito diffuso nel 4.8% della popolazione tra i 50 e i 59 anni e in circa un quinto in quella over  75.  O patologie come bronchite cronica e i disturbi cardiaci,  condizioni cliniche serie, ma che sono spesso tenute agevolmente sotto controllo con farmaci e controlli.  Difficilmente oggi definiremmo malato un parente iperteso. Queste malattie però diventano talvolta ingestibili nel caso di una grave infezione da Covid-19.

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E per vedere gli effetti dell’epidemia sulla popolazione italiana è sufficiente del resto attenersi ai dati sulla mortalità diffusi dall’Istat lo scorso luglio.  Nel mese di marzo le province più colpite dall’epidemia facevano registrare incrementi dei tassi di mortalità a tripla cifra, segno che più di un’enfatizzazione del fenomeno Covid si è assistito spesso a una sua “minimizzazione” in termini di numeri reali, che erano drammatici. La mortalità nel bergamasco faceva infatti segnare un +573%, a Cremona +402%, Lodi +375%. Complessivamente la mortalità media, nel mese di marzo, aumenta in Italia del 49% mentre l’infezione da Covid-19 si diffondeva incontrollata. Ragion per cui ci si impegna oggi per cercare di abbassare la curva media dei contagi prima che sia troppo tardi.

FOTO DI ALBERTO GIULIANI / WIKICOMMONS
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