L’Italia potrebbe seguire la Francia sullo sharenting (e non solo)

Da anni l'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza chiede ai governi di innalzare il limite di età per il consenso sulla condivisione social. E ora è arrivata una nuova richiesta all'esecutivo Meloni

09/03/2023 di Enzo Boldi

La proposta di legge in fase di discussione in Francia, ha riaperto anche in Italia una profonda riflessione sulla cosiddetta età del consenso digitale al trattamento dei dati (anche sensibili, come le immagini). Si tratta di princìpi normativi che, secondo l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (Agia), dovrebbero essere aggiornati. Non solo per quel che riguarda l’accesso alle piattaforme social, ma anche per quel che concerne dei limiti alla possibilità di genitori e parenti di condividere online le immagini dei propri figli minorenni. E ora, seguendo l’esempio dei nostri vicini transalpini, le regole del cosiddetto sharenting potrebbero cambiare anche in Italia.

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A chiedere l’innalzamento dell’età del consenso per il trattamento dei dati personali dei minori – anzi, a ribadire la necessità di un intervento in quella direzione – è Carla Garlatti, titolare dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’Adolescenza. Già in passato, fin dal 2018, era stata avanzata l’ipotesi di far salire, in termini di legge, questa età del consenso dai 14 ai 16 anni. E ora che la Francia sembra intenzionata a virare per una via mediana (15 anni), l’Agia è tornata a chiedere all’attuale governo – guidato da Giorgia Meloni – di farsi carico di questa battaglia.

Sharenting Italia, la proposta dell’Agia sul limite di età

In una nota stampa diffusa dall’Agia, Garlatti ha messo in evidenza alcuni aspetti fondamentali per quel che riguarda lo sharenting Italia: «È opportuno che il legislatore o il governo italiano trovino lo stesso coraggio, presentando una proposta di legge per alzare l’età per il consenso digitale al trattamento dei dati dei minorenni senza l’intervento dei genitori». A oggi, infatti, il Codice della Privacy e due sentenze datate 2019 (una da Roma, l’altra da Rieti, a cui si aggiunge il vademecum del tribunale di Mantova), il limite di età per il consenso digitale è fissato a 14 anni. Agia, invece, chiede di portare tutto a 16 anni, un anno in più rispetto alla proposta in discussione a Parigi.

Lo “Spid” per la verifica dell’età

Ovviamente, tutto ciò dovrebbe comportare un impianto normativo (ma anche tecnico) per evitare che si riproponga una dinamica già molto utilizzata. Dunque, come intervenire per far sì che i minori (attualmente di 14, qualora passasse la richiesta dell’Agia) non accedano ai social network. Perché oltre allo sharenting, l’Autorità continua a ribadire l’esigenza di tutela nei confronti dei più giovani, vincolando il loro accesso alle piattaforme social a quel limite di età. Carla Garlatti, come già fatto in passato, ha proposto uno strumento di verifica: «Modificare il limite minimo per l’accesso ai social però non basta perché, lo sappiamo tutti, esso può essere facilmente aggirato. Per questo, al termine di un tavolo di lavoro coordinato dal Ministero della giustizia, insieme ad Agcom e Garante privacy abbiamo proposto l’introduzione di una sorta di Spid. Si tratta in pratica di istituire un nuovo sistema per la verifica dell’età dei minorenni che accedono ai servizi digitali, basato sulla certificazione dell’identità da parte di terzi, così da mantenere pienamente tutelato il diritto alla privacy». Con questo strumento, la responsabilità legale dell’accesso di un minore (al di sotto del limite d’età per il consenso digitale) sarebbe in capo alle piattaforme.

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