L’ex Stalingrado d’Italia Sesto San Giovanni nega la cittadinanza a Liliana Segre
20/11/2019 di Redazione
Potevamo aspettarcelo da qualsiasi altro territorio italiano e, effettivamente, in diversi comuni è avvenuto. Ma da Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d’Italia e città medaglia d’oro della resistenza, la notizia arriva inattesa. Eppure, nella giornata di martedì 19 novembre, il sindaco di Forza Italia Roberto Di Stefano e la sua maggioranza hanno bocciato la mozione presentata dal consigliere di minoranza del Movimento 5 Stelle Vincenzo Di Cristo.
Sesto San Giovanni non concede la cittadinanza a Liliana Segre
La motivazione che è stata data è identica a quella a cui si sono aggrappati anche altri consigli comunali – l’ultimo caso è stato quello di Biella – che hanno bocciato le mozioni dei propri gruppi consiliari di minoranza. «Liliana Segre – ha detto il sindaco Di Stefano – non ha a che fare con la storia della nostra città e darle la cittadinanza sarebbe svilente per lei perché è una strumentalizzazione politica. La inviterò personalmente il 27 gennaio».
Quest’ultimo aspetto è stato molto contestato dalle opposizioni in consiglio comunale: come ha ricordato il Partito Democratico – che alle scorse elezioni ha perso il controllo del territorio da sessant’anni a questa parte -, Liliana Segre è iscritta all’Aned, una associazione di ex deportati che era attiva sul territorio di Sesto San Giovanni sin dagli anni Cinquanta. Dunque, il legame con l’ex Stalingrado d’Italia c’era eccome.
Le motivazioni del rifiuto di Sesto San Giovanni
Eppure, dopo lo strascico causato dall’istituzione della commissione Segre al Senato che avrà come obiettivo quello di combattere l’odio razziale, qualcosa è scattato in diversi comuni a guida centro-destra. La minoranza di governo, infatti, non ha votato l’istituzione della commissione e, adesso, lì dove è in maggioranza tende a bloccare iniziative che hanno come protagonista proprio la sopravvissuta ad Auschwitz e senatrice a vita Liliana Segre. L’ennesimo smacco alla memoria. L’ennesimo gesto sconsiderato di un Paese che non riconosce più i valori della sua fondazione democratica.