Tutto ciò che non va sul servizio del Tg2 sui bamboccioni
Paolo Romano, assessore del Municipio 8 di Milano, ha scritto una lettera a Gennaro Sangiuliano per un servizio del Tg2 sui bamboccioni italiani andato in onda tre giorni fa
26/08/2022 di Ilaria Roncone
Paolo Romano – candidato al collegio uninominale di Cologno Monzese alla Camera dei Deputati per la coalizione Italia Democratica e Progressista, Assessore del Municipio 8 a Milano e iscritto ai Giovani Democratici e al Partito Democratico – ha pubblicato un servizio del Tg2 che lo ha spinto a scrivere una lettera a Gennaro Sangiuliano, direttore del telegiornale, per evidenziare che «NON SIAMO BAMBOCCIONI». Il riferimento è a un servizio andato in onda sul secondo canale che, effettivamente, utilizza questo termine e affronta la prospettiva della situazione dei giovani italiani con toni superficiali e facendo riferimento a stereotipi. Pur partendo da dati certificati sull’età media in cui i giovani italiani lasciano casa dei genitori, il risultato è un servizio Tg2 bamboccioni che utilizza toni ironici che non propriamente tipici di un telegiornale da servizio pubblico.
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Servizio Tg2 bamboccioni, la lettera a Sangiuliano
La lettera indirizzata al direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, fa riferimento a un servizio andato in onda verso la fine dell’edizione delle 13 del 23 agosto 2022 (precisamente al minuto 27). Nel servizio di fa riferimento agli ultimi dati Eurostat che indicano come l’«esercito di bamboccioni» italiani sia «forse in ritirata» perché la media dell’età in cui si lascia casa nel nostro paese è scesa a 29,9 anni rispetto ai 30 del 2021.
«Egregio Gennaro Sangiuliano, Le scrivo questa lettera aperta con ancora in petto la rabbia per il servizio vergognoso trasmesso dal suo telegiornale sui giovani Italiani del 23 agosto – inizia la lettera diffusa su Instagram, chiedendo di farla girare – Faccio fatica a sopprimere il senso di frustrazione provato a sentir definire la nostra generazione come quella dei “bamboccioni”, confrontata con paesi europei in cui ai giovani, dall’istruzione alla casa, dal primo salario ai trasporti, sono date opportunità che in Italia non sono nemmeno pensabili».
Il riferimento successivo è al livello di istruzione dei giovani italiani, «la generazione più formata della storia d’Italia in termini di laureati e diplomati, eppure anche la più precaria, quella con i più alti tassi di disoccupazione giovanile». Romano procede poi – giustamente – entrando nel merito di quello che significa lavorare per un giovane italiano fornendo dati certificati: «E anche quando un lavoro lo abbiamo, diciamocelo, è una parola che somiglia più ad un incubo che altro. Secondo i dati ISTAT e svimez il 50% dei giovani italiani sotto i 34 anni guadagna tra gli 8.000 e i 16.000 euro lordi all’anno: auguri a trasferirsi fuori di casa con cifre così altisonanti».
Un lavoro che, oltre a essere mal pagato, è anche mal inquadrato: «Nel frattempo, mentre veniamo derisi, noi continuiamo ad essere incastrati in un meccanismo perverso di stage, dopo stage, dopo stage, prendendo 500€ al mese senza contributi, ferie, tutele. Pensi, questo meraviglioso strumento “propedeutico” al lavoro non porta ad una assunzione nell’azienda in cui si è svolto in circa quasi il 70% dei casi (dati ANPAL) e in quel 30% contiamo anche contratti precari e l’apprendistato: faccio un stage per formarmi sul lavoro per poi ottenere un contratto di… formazione!».
Arriva anche la necessaria puntualizzazione su come, nel servizio Tg2 bamboccioni, le madri italiane vengano intese come parzialmente colpevoli di ciò che accade ai figli: «Infine, un tocco di classe: dipingere le mamme italiane come le “casalinghe di Voghera” il cui unico compito è cucinare, stirare “biancheria impeccabile” e i padri “produttivi” relegati al ruolo di salvadanai per i giovani bamboccioni. Fortunato io che ho una madre laureata, che ha sempre lavorato, e due genitori che mi hanno insegnato a rispettare uomini e donne ugualmente e non credere negli stereotipi.