Se lo Stato punisce il coraggio: suicida l’imprenditore anti-racket

A martiri ed eroi alla guerra contro la mafia, siamo purtroppo abituati. Le storie di persone che hanno pagato con la vita il loro impegno contro Cosa Nostra o le tante organizzazioni mafiose che affollano il nostro Paese sono parte della nostra cronaca e della nostra storia. Da Gela arriva però questa volta una storia diversa e, per molto versi, ancora più paradossale. Rocco Greco, imprenditore simbolo della lotta al racket nella cittadina siciliana e in tutta Italia, si è suicidato ieri con un colpo di pistola alla tempia. Rocco, nel 2007, si era rifiutato di pagare il pizzo e aveva avuto il coraggio di denunciare i boss che lo minacciavano, ma non solo. L’imprenditore siciliano aveva convinto altri ad agire come lui, costituendo così una vera e propria minaccia contro gli affari mafiosi. Ma puntuale, dopo la condanna di chi lo minacciava, era arrivato un altro strumento privilegiato delle organizzazione mafiose: la calunnia. Greco era stato così denunciato a sua volta per associazione a delinquere di stampo mafioso, un tentativo di gettare del fango su un gesto che poteva contribuire a un cambiamento epocale, che era finito con l’assoluzione piena dell’imprenditore. Una sentenza che non aveva però cancellato lo stigma sociale che lo aveva colpito.

Ucciso dalle calunnie e dall’imperizia del ministero dell’Interno

Nell’ottobre scorso il ministero dell’Interno aveva negato alla ditta dell’imprenditore gelese, la “Cosiam srl”, l’iscrizione nella lista delle aziende abilitate ai lavori di ricostruzione dopo il terremoto del centro-Italia. La motivazione? “La supina condiscendenza nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata gelese. Un paradosso per un uomo che aveva rischiato la propria vita e messo a repentaglio la propria professione per denunciare i boss. Dopo l’interdittiva antimafia sono arrivate le revoche di tutte le commesse pubbliche e private per la ditta di Greco. Come risultato l’azienda si è trovata a licenziare 50 operai. Dure le parole del figlio, intervistato dal quotidiano La Repubblica: «Papà era finito dentro una storia paradossale. I mafiosi che aveva fatto condannare lo avevano denunciato. Ma, poi, ovviamente, era arrivata l’assoluzione. Il giudice aveva ribadito che Rocco Greco era stato vittima della mafia, non socio in affari dei boss» che ricorda il coraggio di un uomo che ha rifiutato così di piegarsi «Non dobbiamo dimenticare cos’era Gela all’epoca. Più di cento morti in un anno. E veniva ucciso anche chi non pagava il pizzo».

L’attacco dei Verdi contro Salvini

E arrivano le prime reazioni politiche. Sono i verdi,  in una nota Angelo Bonelli e Claudia Mannino, i primi ad andare all’attacco:« Il suicidio di Rocco Greco, l’imprenditore simbolo della lotta al racket nella frontiera di Gela, e’ un pugno allo stomaco all’Italia onesta che dimostra come il Ministero degli Interni sia senza guida, quel ministro che doveva tutelare Rocco e lo ha abbandonato» con parole di forte polemica contro quell’interdizione del ministero dell’Interno che ha provocato, molto probabilmente, il suicidio dell’imprenditore: « Chiediamo che la Cosiam srl,azienda ora curata dal figlio di Rocco, Francesco Greco, venga immediatamente inserita nella white list per i lavori di ricostruzione dopo il terremoto in centro Italia. Cosicche’ possa riassumere i 50 operai che e’ stata costretta a licenziare a causa dell’inadeguatezza di Salvini. A questo punto Salvini si dimetta da ministro, non e’ in grado di curare questa funzione, lo faccia per il bene dell’Italia».

 

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