Il Coronavirus e quella sensazione sempre più netta delle scuole ‘parcheggio’

15/04/2020 di Enzo Boldi

Il virus ha stravolto la nostra vita, le nostre abitudini. Movimenti limitati e quasi azzerati, senso di insicurezza che ci pervade non appena varchiamo l’uscio di casa per andare a fare la spesa, numeri e dichiarazioni che non tendono a rassicurare anche se sembrano essere più rassicuranti rispetto alle scorse settimane. In questo lungo mese (anche un po’ di più) di simil-quarantena abbiamo visto come le cose cambino in modo repentino, trascinando con sé anche tutte le nostre certezze. Cambiamenti che estremizzano molti concetti che, fino a qualche tempo fa, sembravano esser scritti solo su carta. Uno di questi aspetti è stato evidenziato dalle scuole chiuse.

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Partiamo dall’antefatto che spinge a questa riflessione. Mercoledì mattina, ad Agorà (su Rai 3), il professor Pierluigi Lopalco ha detto la sua sulla riapertura delle scuole. Nel resto del mondo, come accade in Danimarca (dove hanno riaperto i cancelli il 35% degli istituti) o in sporadici casi britannici, si è deciso di far tornare i ragazzi a lezione frontale. Una mossa che sembra essere rischiosa, come sottolineato dallo stesso epidemiologo perché la pandemia sembra essere molto lontano dall’essere sconfitta. Sta di fatto che alcuni Paesi stanno pensando alla ripartenza e per farlo non su può che aprire le scuole.

Le scuole chiuse e quel senso di parcheggio per i giovani

Il professor Lopalco ha usato due locuzioni che sembrano innocue (e lo sono), ma evidenziano un vero e proprio sentimento comune che, a causa dell’emergenza sanitaria, è diventato quasi un senso di necessità: «La scuola come alternativa alla baby-sitter» e la scuola come «sistema di parcheggio» per i più giovani. Insomma, l’epidemiologo non racconta altro che la realtà dei fatti: da tempo, infatti, l’istruzione (quella fisica nelle aule) sembra esser diventata – nella concezione comune – solamente un aiuto alle famiglie che, volente o nolente, devono lavorare per portare a casa lo stipendio.

L’alternativa alla baby-sitter

È triste dirlo. È, soprattutto, triste rendersi conto che questa è la realtà dei fatti. La riflessione, con una serie di interrogativi, mossa dalla giornalista Tullia Fabiani fa emergere come quel senso di scuola come istituzione per formarsi sia stata prevaricati da altri fini.

Purtroppo, però, le scuole chiuse non hanno fatto altro che acuire questa realtà. Una volta – ovviamente stiamo parlando di tempi ben lontani, quando le famiglie potevano permettersi di andare avanti con un solo stipendio per vivere degnamente -, accompagnare i propri figli negli istituti (dalle materne ai licei, passando per le elementari e le medie) era considerato, nell’ambito familiare, un punto di partenza per la formazione dei propri figlio. Ora, invece, sembra esser un punto di arrivo: un parcheggio per permettere ai genitori di poter andare a lavorare.

La situazione post-crisi sanitaria

Il mondo è cambiato e ora ne paghiamo gli effetti. Pensare a una ripartenza delle attività – chiamiamola fase-2 o fase-3 – sembra essere impossibile. O, almeno, non da qui a breve. Perché i genitori dovranno tornare a lavoro, ma molti di loro hanno a casa quei figli che dovrebbero essere a scuola. Ma non si possono riaprire le scuole perché il rischio di creare nuovi focolai è altissimo. Insomma, un cane che si morde la coda. E, in questo caso, non bastano baby-sitter o vaucher vari. Perché la scuola, ormai, è sempre più un parcheggio e sembra servire più agli adulti che ai più piccoli.

(foto di copertina: da Google Maps)

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