E ora il Pd torni in LeU

Qualche giorno fa, nel giorno del voto di fiducia al governo Conte-2, Giornalettismo ha intercettato Pier Luigi Bersani tra i palazzi istituzionali. Lui aveva già dato il suo voto positivo alla formazione del nuovo esecutivo alla Camera e stava attendendo il voto al Senato. Fulminò con lo sguardo una giornalista che gli aveva chiesto un consiglio per Matteo Renzi, da esperto in scissione Pd. «Mi offende se mi chede una cosa del genere – disse Bersani in quella circostanza -: io non sono andato via dal Pd, io non mi sono mosso. Sono stati gli altri a prendere altre strade».

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Lo diciamo senza ironia: è tempo che il Pd torni in LeU. O, meglio, in quella posizione geopolitica che mai Bersani ha abbandonato. Dove c’è uno spazio ampio di condivisione. Dove ci sono gli elettori che, non riconoscendosi nel centrismo leopoldiano del Partito che fu di Matteo Renzi, hanno effettuato scelte ‘drammatiche’ dal punto di vista elettorale. Come il voto al Movimento 5 Stelle. O, peggio, come il non voto.

C’è sempre stata una regola aurea nella sinistra italiana. Quella che l’unione di più partiti non è mai stata la somma dei voti che, singolarmente, quei partiti prendevano. Il caso più clamoroso è stato quello della Sinistra Arcobaleno che partiva, in teoria, dal 7% di Rifondazione Comunista, dal 3% dei Comunisti italiani, dal 3% dei Verdi e dal 2% di altri gruppi che avevano aderito al progetto. Il cartello elettorale, in potenza, era da 15%. Finì fuori dal parlamento, con una clamorosa disfatta.

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Non è mai vero il contrario. Le divisioni non sempre indeboliscono. A volte rafforzano. Gettata via l’àncora renziana, il Pd può finalmente presentarsi come un movimento di sinistra, con quei valori europeisti e ambientalisti che hanno sempre caratterizzato i partiti progressisti dagli anni Novanta in poi. Il Pd ha l’occasione di tornare nelle fabbriche e di prendere qualche distanza in più dai grandi industriali in camicia bianca. Quelli che utilizzano l’inglese nei loro panel. Quelli che organizzano i workshop. Quelli che incontrano i giornalisti in terrazze con vista e che preferiscono gli aperitivi gourmet al panino con salsiccia delle Feste de L’Unità. Quelli che L’Unità – più precisamente un suo numero – l’hanno affidata a Maurizio Belpietro, tanto per dirne una.

FOTO: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

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