“Non siamo carne da macello”, gli scioperi spontanei nelle fabbriche dopo l’ultimo Dpcm
12/03/2020 di Ilaria Roncone
Com’era prevedibile l’uscita di Conte di ieri sera con il nuovo Dpcm dell’11 marzo ha già scatenato le prime reazioni. In moltissime parti d’Italia gli operai delle fabbriche sono in rivolta con più di uno sciopero coronavirus nato spontaneamente. «Non siamo carne da macello», sottolineano con i giornalisti, specificando come da parte del governo non ci siano direttive sufficientemente chiare per regolamentare il loro lavoro. C’è anche tanta paura per la propria salute, soprattutto nei luoghi dove i datori di lavoro non garantiscono il rispetto delle basilari norme per evitare il contagio, a partire dal metro di distanza minimo. Intanto i maggiori sindacati hanno annunciato in un comunicato congiunto che le fabbriche si fermeranno fino a domenica 22 marzo per applicare le misure sanitarie.
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La rabbia degli operai delle fabbriche aperte
Le segnalazioni dei sindacati e dei lavoratori arrabbiati per la scelta di tenere aperte le fabbriche e per gli atteggiamenti di molti datori di lavoro si moltiplicano in queste ore. Nascono così gli scioperi spontanei, con la Fiom che domanda al governo di intervenire per “garantire la sicurezza dei lavoratori”. Lavoratori che non hanno preso bene la scelta del governo di chiudere i negozi lasciando le fabbriche e le attività produttive aperte. La nota della Fiom è stata molto dura: è necessario proteggere il lavoro degli operai e la loro salute ed è “inaccettabile la mancanza nel nuovo Dpcm di misure e iniziative volte alla protezione dei lavoratori che stanno garantendo la tenuta economica del Paese in una condizione di grave emergenza”. La richiesta è quella di mobilitarsi per garantire i controlli necessari e le verifiche sulle condizioni di salute e messa in sicurezza degli operai.
Scioperi per la sicurezza in ogni parte del paese
Intanto gli scioperi e le mobilitazioni sono in atto in ogni parte del paese. Sono nati movimenti spontanei a Mantova e Brescia, dove gli operai chiedono la sospensione delle attività per quindici giorni; i sindacati si stanno occupando di fermare la produzione o, quantomeno, ottenere una riduzione di orario in quelle situazioni in cui “per motivi di commesse legate a penali” non è possibile sospendere la produzione. Alla Est di Terni gli operai, guidati dai sindacati, hanno indetto otto ore di sciopero a partire dalle 6 di domani mattina fino al terzo turno del 13 marzo per ogni turno di lavoro a causa della mancata adozione di misure idonei per il contenimento del coronavirus. In provincia di Venezia, a Marghera, la Fincantieri deve stare a sentire le proteste degli operai che affermano come non sia possibile rispettare le regole facendo i carpentieri, considerato che la distanza di sicurezza minima non è rispettabile: «Questo virus è un casino e non ci sentiamo protetti». Anche alla Corneliani di Mantova si sciopera a tutela della salute, con 450 operai che hanno deciso di non lavorare spontaneamente per essere trattati come «cittadini di serie A e di serie B: la salute è una ed è di tutti». Anche da Taranto arrivano le proteste dei sindacati per la mancata messa in sicurezza dei lavoratori da parte della compagnia Leonardo a Grottaglie.
(Immagine copertina: comunicato congiunto sindacati per sciopero coronavirus)