Con l’AI nelle sceneggiature si dirà addio all’ironia?
Se i chatbot conversazionali sono in grado di supportare nella stesura delle trame, questi strumenti non hanno la possibilità di supportare i vari livelli del linguaggio
16/08/2024 di Enzo Boldi
Abbiamo visto chatbot conversazionali in grado di scrivere testi in base alle nostre richieste. Abbiamo visto strumenti che possono generare immagini e filmati basandosi sui nostri comandi. Abbiamo visto che l’intelligenza artificiale è entrata a far parte non solo della vulgata comune, ma anche di molti aspetti lavorativi e quotidiani. Il mondo del Cinema segue da tempo l’evoluzione e lo sviluppo di queste soluzioni. Ma c’è un enorme problema: se le sceneggiature fossero affidate all’AI, sparirebbe completamente l’ironia.
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Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo visto che lo sviluppo delle nuove tecnologie siano state messe sotto osservazione da diversi comparti produttivi. E anche l’industria cinematografica segue con interesse queste evoluzioni. Ovviamente non parliamo di effetti speciali o solamente di soluzioni grafiche da utilizzare in fase di girato. Perché c’è chi ritiene che si possano scrivere sceneggiature AI. O, Almeno, che l’intelligenza artificiale possa dare un grande supporto creativo. Vero, ma solo in parte. Una pellicola, per esempio, deve suscitare emozioni (di qualsiasi tipo) e se è “piatta”, fallisce miseramente il suo obiettivo. Ma come far capire a una macchina che serve anche ironia?
Cos’è l’ironia?
Prima di entrare nel merito della questione, cerchiamo di capire cosa si intende per ironia e come si applica al mondo cinematografico (e delle produzioni audiovisive). Innanzitutto, occorre sottolineare che si tratta di una figura retorica che viene definita così dal vocabolario della lingua italiana dell’Enciclopedia Treccani:
«Figura retorica, detta anche antifrasi, che consiste nell’esprimere il contrario di ciò che in realtà si vuole significare; suo scopo è evidenziare l’insostenibilità di ciò che si simula di sostenere o la validità di ciò che si finge di disapprovare. L’ambiguità, l’equivoco possono limitarsi a una singola parola o riguardare una porzione di testo anche molto estesa».
Dunque, si gioca sul limite del paradosso. Con espressioni verbali che, in realtà, vogliono significare l’esatto opposto. Dunque, parliamo di elementi che sono emozionali e suscitano emozioni.
Sceneggiature AI, è l’ora di dire addio all’ironia?
L’intelligenza artificiale è in grado di farlo? Partiamo da un dato conclamato: nonostante si possa impostare la “temperatura” di un chatbot conversazionale, l’AI non è per nulla “simpatica”. Non è in grado di inventare una barzelletta e manca – ovviamente e fortunatamente – di tutti quegli aspetti emozionali che la distinguono dal pensiero umano. Dunque, non ci può essere ironia. Uno sceneggiatore che inserisce un prompt, riceverà indietro un testo piatto. La parola “A” vorrà dire “A”, quella “B” vorrà dire “B” e così per ogni singola frase prodotto dall’intelligenza artificiale.
Per come è strutturata l’AI, dunque, non c’è speranza di ricevere un testo con delle emozioni differenti rispetto alla risposta esplicita a un comando. Non sarà possibile creare dei paradossi da inserire all’interno di un copione o di una situazione scenica. Dunque, un piattume totale che non offrirà nulla di nuovo. Anzi, il rischio è che le sceneggiature siano simili tra loro, senza possibilità di vedere nette differenze.