Lo studio di OpenAI che conferma i timori degli sceneggiatori
L'AI ridurrebbe del 50% il tempo impiegato per il loro lavoro. Un problema che, alle lunghe, potrebbe portare a gravi danni per i lavoratori
19/05/2023 di Enzo Boldi
Il rapporto tra il mondo degli sceneggiatori e l’intelligenza artificiale non può che essere conflittuale e i primi fanno bene a preoccuparsi di come le nuove tecnologie generative possano sottrargli il lavoro dal tavolo creativo. Non si tratta di un assunto ideologico che “criminalizza” l’evoluzione digitale, ma di uno studio commissionato proprio da OpenAI, l’azienda statunitense che ha creato ChatGPT. L’analisi, infatti, mostra come l’AI sia in grado di ridurre del 50% il tempo per svolgere il loro lavoro. Tutto ciò, dunque, mette a rischio una professione fondamentale anche per il mondo del cinema. Dunque, i timori che sono alla base dello sciopero degli sceneggiatori americani sono fondati.
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Tra le tante motivazioni che fanno da sfondo alla mobilitazione degli sceneggiatori che fanno parte della Writers Guild of America (WGA) – la principale associazione sindacale di categoria a stelle e strisce – c’è anche la richiesta di avere una voce in capitolo maggiore sull’utilizzo di queste nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Nello specifico, si chiede di «regolamentare l’uso di materiale prodotto utilizzando l’intelligenza artificiale o tecnologie simili», partecipando al processo decisionale con gli studi di produzione. Perché, anche se in molti esperti hanno provato a tranquillizzare tutti di fronte a uno scenario che vede la macchina sostituire l’uomo in diverse operazioni, i timori non possono che essere elevati. Ovviamente, al momento l’AI non consente di produrre testi “di spessore” e di qualità, ma sappiamo che allenandola e addestrandola la situazione potrebbe cambiare nel giro di pochissimo tempo.
Sceneggiatori e intelligenza artificiale, lo studio di OpenAI
Nello studio commissionato da OpenAI e pubblicato nel mese di marzo, gli sceneggiatori sono stati inseriti all’interno della categoria dei “completamente esposti” all’evoluzione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E con un Llm (un modello linguistico di grandi dimensioni), il tempo impiegato per svolgere il loro lavoro si ridurrebbe del 50%. Leggendo così questo dato, sembra che un supporto dell’AI possa accelerare i processi produttivi. La realtà, come confermato – per esempio – dalla crescita esponenziale del ruolo degli algoritmi automatizzati, a lungo andare questo potrebbe portare a una “sostituzione” a livello lavorativo.
Ovviamente, per il momento i timori restano solamente futuribili. Come abbiamo già visto nel recente passato, le chatbot generative conversazionali non sono in grado di restituire contenuti “letterali” di qualità. Anzi, i testi prodotti – seppur ben incardinati all’interno di comandi (prompt) inseriti dall’utente – sono piuttosto scarni di dettagli e vincolati dai bias che sono alla base dei paletti indicati dagli sviluppatori. E proprio questo limite alla creatività potrebbe rallentare questo processo.