Quanto è lontano il 2017 di Salvini: «Non è che sei eletto da una parte poi passi a quella opposta»

13/12/2019 di Redazione

Il vincolo di mandato non è un copyright esclusivo del Movimento 5 Stelle. Matteo Salvini, infatti, era un grande fan di questa misura che, tuttavia, non è prevista dalla nostra Costituzione. Nella carta fondamentale, infatti, all’articolo 67, si legge: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». L’argomento è tornato nuovamente d’attualità dopo che alcuni deputati del Movimento 5 Stelle sono passati alla Lega: si tratta di Ugo Grassi e di Stefano Lucidi, ex esponenti pentastellati che si sono ritrovati nelle fila del Carroccio dopo il voto sul Mes.

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Salvini vincolo mandato, ecco come la pensava nel 2017

Dunque, Matteo Salvini questa volta ha approfittato dell’articolo 67 della Costituzione per rimpolpare le fila del suo gruppo parlamentare a Palazzo Madama. Eppure, nel 2017 – nel corso di una puntata di Otto e Mezzo – aveva fatto la seguente dichiarazione, ripresa anche sui suoi account social:

Salvini vincolo mandato, la posizione diversa dopo il passaggio alla Lega di Grassi e Lucidi

Salvini non ha parlato semplicemente di un problema di carattere morale. Lui avrebbe voluto introdurre il vincolo di mandato proprio all’interno della Costituzione italiana, avviando l’iter della doppia verifica istituzionale (tra Camera e Senato) per riformare l’articolo 67. Una dichiarazione e un intento programmatico che adesso stridono e non poco rispetto alle ultime dichiarazioni all’indomani del cambio di casacca da parte di Grassi e di Lucidi, passati alla Lega.

Accogliendo il loro ingresso nel gruppo al Senato, infatti, Matteo Salvini aveva detto: «Porte aperte per chi, con coerenza, competenza e serietà, ha idee positive per l’Italia e non è succube del Pd. Su riforma ed efficienza della giustizia e rilancio delle università italiane». Insomma, tutto il contrario di quanto affermato nel 2017, quando era un europarlamentare della Lega e ancora non aveva conquistato il 17% dei voti che gli hanno permesso, all’indomani del 4 marzo 2018, di entrare in maggioranza.

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