Salvini acquisterà altri voti nazional-popolari per aver salvato le «sacrosante ferie» degli italiani

Ci sono cose a cui gli italiani non possono rinunciare: la pizza, la pasta e, da oggi, anche le «sacrosante ferie». A farsi promotore di questa battaglia è Matteo Salvini, il leader della Lega che oggi – direttamente da Pisa dove è impegnato per la campagna elettorale delle amministrative del 10 giugno – ha affermato di voler andare alle elezioni, ma non subito in estate. L’ostacolo? Il mare, i monti e le città d’arte.

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Matteo Salvini sacrosante ferie, le dichiarazioni dal palco di Pisa

«Spero che si torni al voto prima possibile ma non a fine luglio perché ci sono le sacrosante ferie degli italiani e i lavoratori stagionali» – ha detto Salvini con l’ennesimo slogan di carattere nazional-populista. Ha difeso il concetto cardine dell’Italia del boom economico degli anni Cinquanta, delle lavatrici e delle Cinquecento: fine luglio/inizio agosto si va sotto l’ombrellone. Non si può certo rinunciare a una domenica estiva per le lunghe e noiose file ai seggi elettorali.

La nota di colore, ovviamente, rappresenta l’espediente per parlare di un concetto molto più profondo. La strategia del leghista risponde a una esigenza ben precisa: quella, cioè, di accumulare il numero massimo di consensi, ritardando la data del voto e proponendola per settembre/ottobre. Un’operazione non difficile, dal momento che – a ogni sondaggio – la Lega cresce almeno di un punto e mezzo e le ultime rilevazioni la danno oltre il 25%.

Matteo Salvini sacrosante ferie, una strategia elettorale

Farsi promotore di una campagna a favore delle ferie degli italiani che non possono essere interrotte dall’appuntamento elettorale è un vero e proprio colpo di genio. Sempre che l’ipotesi voto non venga accantonata del tutto dalla possibilità – emersa negli ultimi minuti – di un nuovo tentativo di governo politico da portare avanti nei prossimi giorni.

In una maniera o nell’altra, comunque, le sacrosante ferie degli italiani sono salve. Un toccasana per chi, come Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ha «lavorato duramente per tre settimane» per provare a scrivere un programma di governo condiviso. Con buona pace di quelli che, con un contratto a progetto o di collaborazione, le ferie non le vedrann mai. O di quelli che, disoccupati, vivono la loro vita in una eterna, forzata, sgradita vacanza.

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