La Russia costringe Google a rimuovere oltre 36.000 URL collegati ai servizi VPN

Il paese invasore decide di bloccare le VPN e la Roskomnadzor obbliga Google a rimuovere più di 36.000 URL collegati ai servizi VPN

18/03/2022 di Martina Maria Mancassola

Russia contro Google. Dopo la decisione russa di bloccare le VPN, secondo l’analisi di Surfshark, la società di servizi VPN, il Roskomnadzor l’ente regolatore russo delle telecomunicazioni, nell’ultimo mese avrebbe obbligato Google a rimuovere più di 36.000 URL collegati ai servizi VPN. Le maggiori richieste sarebbero state registrate durante la seconda settimana di guerra russo-ucraina, quando il governo russo ha deciso di bannare molti social network tra cui Facebook, Twitter, YouTube, mentre parallelamente altri decidevano di sospendere i loro servizi in Russia a causa della legge sulle «fake news». 

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Russia costringe Google a rimuovere migliaia di link collegati a VPN

Abbiamo già parlato dell’escamotage dei cittadini russi di utilizzare i servizi VPN – software per navigare in Internet tramite reti virtuali private – per aggirare la censura di Putin e del successivo, inevitabile, blocco di questi da parte del Roskomnadzor. Oggi, la società di sicurezza informatica russa interviene nuovamente per costringere Google a rimuovere migliaia di URL collegati ai servizi VPN. L’utilizzo delle VPN, secondo i dati di Surfshark, cresce esponenzialmente con un incremento del 3500% delle vendite rispetto al tasso esistente prima dell’invasione in Ucraina. I picchi più importanti sono stati registrati dal 5 al 6 marzo, quando il governo russo ha bloccato Twitter e Facebook. Surfshark ha registrato una crescita similare nei download solo quando la Cina approvava, nel maggio 2020, la legge sulla sicurezza di Hong Kong.

Ad ogni modo, l’aumento è stato di circa il 700% superiore al solito, ma non così importante come quello che la maggior parte delle società VPN registra oggi. La rapida crescita dei download di VPN che l’azienda ha incontrato in queste settimane in Russia non ha precedenti: «Una rapida ondata di download significa che le persone che vivono in Russia sono attivamente alla ricerca di modi per evitare la sorveglianza e la censura del governo, sia che accedano a siti Web bloccati o social media come Twitter, Facebook, YouTube o Instagram», dichiara Gabriele Racaityte di Surfshark, il quale aggiunge che a causa del numero sempre maggiore di siti web bloccati, i servizi VPN diventano una «finestra per raggiungere informazioni imparziali e canali di comunicazione non tracciati». Nello specifico, durante i primi sette giorni di guerra, viene registrato un leggero aumento del 7% nelle richieste di rimuovere gli URL relativi alle reti VPN secondo la legge federale russa 276-FZ, anche detta «legge VPN». Nella seconda settimana, invece, quando il governo russo annunciava il blocco dei social media occidentali, il numero è cresciuto del 55%.

Non è la prima volta che la Roskomnadzor blocca o limita i mezzi di comunicazione che permettono di aggirare la censura di Putin. Negli ultimi due anni, il governo russo ha ordinato a Google di rimuovere più di mezzo milione di link dalla sua barra di ricerca poiché legati a strumenti anti-censura. Dal 24 febbraio, lo stesso governo ha deciso di bloccare centinaia di domini relativi all’invasione dell’Ucraina, compresi siti web di testate giornalistiche come la BBC News, Deutsche Welle e Ukrayinska Pravda. Lo stesso Racaityte afferma che infatti: «milioni di russi si affidano a Internet per informazioni imparziali sulla guerra e sugli attuali affari interni e internazionali. È evidente che la Russia sta preparando da tempo un taglio da Internet globale e la sua invasione dell’Ucraina è un punto di svolta».

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