Processo Ruby Bis. «L’attività di escort lede la dignità umana»

18/07/2018 di Redazione

Sono uscite le motivazioni della sentenza in secondo grado su Nicole Minetti ed Emilio Fede nell’ambito della seconda versione del processo sul caso Ruby bis, con al centro l’accusa di favoreggiamento della prostituzione per le serate nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore.

Il 7 maggio la Corte d’appello di Milano ha lievemente ridotto le condanne per l’ex direttore del Tg4 e per l’ex consigliera lombarda, portandole rispettivamente a 4 anni e 7 mesi e a 2 anni e 10 mesi. Furono respinte le richieste di assoluzione da parte delle difese di entrambi gli imputati.

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Il perché è spiegato nelle motivazioni. La attività delle escort, ancorché scelta deliberatamente e liberamente, risulta proprio porsi in contrasto con «la tutela della dignità della persona umana» protetta dalla norma che punisce la «agevolazione della prostituzione». La Corte respinse la questione di illegittimità costituzionale della legge Merlin posta dalle difese, accolta invece dai giudici di Bari nel caso Tarantini.

Per la Corte milanese (Caroselli-Pirola-Lai), a differenza di quella di Bari, l’attività delle escort, «si ribadisce, ancorché liberamente scelta, non può essere ritenuta una forma di espressione della libertà della persona oggetto di tutela costituzionale», anche perché, proprio secondo la Costituzione, «l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da arrecare danno alla dignità umana». Non solo, «il contratto con la prostituta è nullo avendo causa illecita in quanto contraria al buon costume». Per questo «anche la condotta agevolatrice» della scelta di prostituzione delle escort, «è idonea a ledere la dignità della persona».

(in copertina Nicole Minetti, foto ANSA/ARESU)

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