Rimborsopoli M5S, Di Maio ha effettuato gli ultimi bonifici il 9 febbraio, a scandalo già scoppiato

14/02/2018 di Redazione

Il caso dei rimborsi non restituiti da un gruppo di parlamentari del Movimento 5 Stelle ha immediatamente acceso i riflettori sui rendiconti di tutti i componenti dei gruppi di Camera e Senato. E dai dati che deputati e senatori pentastellati hanno pubblicato online (sul sito tirendiconto.it) è emerso che alcuni di loro sono morosi dall’estate e che molti hanno provveduto ad effettuare gli ultimi bonifici negli ultimi giorni. A scandalo già scoppiato.

 

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Rimborsopoli M5S, gli ultimi bonifici di Di Maio il 9 febbraio

È il caso ad esempio del candidato premier Luigi Di Maio, che ha saldato il conto relativo ai mesi di ottobre, novembre e dicembre il 9 febbraio, proprio il giorno in cui il deputato Andrea Cecconi e il senatore Carlo Martelli hanno ammesso i loro errori e comunicato di voler rinunciare al seggio in Parlamento in caso di elezione alle Politiche del 4 marzo. Ne parla oggi il quotidiano Il Mattino in un articolo a firma di Francesco Lo Dico:

Sulla base dei dati che emergono da tirendiconto.it, saranno molte le ombre che i grillini dovranno dissipare. A partire da Di Maio, che forse distratto dalla campagna elettorale ha bonificato soltanto il 9 febbraio le restituzioni di settembre, ottobre, novembre e dicembre. A scandalo già scoppiato. Curioso anche il caso della senatrice catanese Bertorotta, che ha saldato la restituzione relativa a novembre solo ieri, ma non ancora quella di dicembre. E tutto da valutare anche il fascicolo Giulia Sarti già squadernato dalle Iene: i suoi pagamenti sono fermi alla restituzione di ottobre, ma dal bonifico pubblicato non è possibile risalire alla data di esecuzione, così come per i mesi di luglio agosto e settembre. E solo a scandalo scoppiato, il 5 febbraio, ha provveduto a saldare i mesi di ottobre, novembre e dicembre anche la deputata Dalila Nesci. Idem per il ricandidato alla Camera Federico D’Incà, che risulta essersi messo in regola il 7 febbraio.
Nel mirino anche il nome di Francesco D’Uva: in teoria dicembre lo avrebbe pagato, ma nella ricevuta manca la firma dell’ordinante.

(Foto: ANSA / RICCARDO ANTIMIANI)

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