Riforme, Grasso: «Misurare parole, vedo segnali di dialogo». Minoranza Pd: «Per ora emendamenti restano»

22/09/2015 di Redazione

Riforme,

Aggiornamento, ore 16.30 – «Le regole della democrazia qualificano la libertà di ciascuno di noi e vanno maneggiate con cura e cautela, misurando le parole e pensando alle future generazioni. Le regole, cari amici, non servono a garantire qualcuno oggi ma a proteggere tutti dagli abusi che potrebbero venire domani», ha avvertito Grasso durante la presentazione del volume “Le Costituzioni italiane, 1796-1848” in sala Zuccari. A margine del convegno, al quale ha partecipato anche la ministra delle Riforme Boschi, Grasso si è intrattenuto per diversi minuti a parlare con l’esponente del governo.

 

Braccia allargate e una risata. È così che il presidente del Senato Pietro Grasso avrebbe accolto ieri le parole del premier Matteo Renzi in direzione Pd sulla possibilità di convocare Camera e Senato in seduta comune per l’approvazione della Riforma del Senato, per riaprire a modifiche del discusso articolo 2.

 

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RIFORMA SENATO, GRASSO AMMONISCE RENZI –

L’ex magistrato avrebbe risposto a quanto affermato dal presidente del Consiglio durante la direzione Pd con una battuta: «Nemmeno in caso di guerra Camera e Senato vengono convocate in seduta comune…». Poi avrebbe ammonito: «Le istituzioni vanno rispettate». Ne parla Monica Guerzoni sul Corriere della Sera:

A Palazzo Madama sono le cinque della sera quando Grasso ascolta la relazione di Renzi davanti al «parlamentino» del Pd. Con la seconda carica dello Stato, nel suo studio presidenziale, ci sono il portavoce Alessio Pasquini e un altro collaboratore. E quando il premier dice che se Grasso dovesse aprire a modifiche dell’articolo 2 della riforma «si dovrebbero convocare Camera e Senato, perché saremmo di fronte a un fatto inedito», il presidente teme di non aver capito bene e si consulta con i suoi: «Che ha detto? Vuole convocare le Camere?».  Chi era presente racconta che Grasso abbia allargato vistosamente le braccia per esprimere la sua incredulità e sia scoppiato a ridere, concedendosi una battuta, in punto di Costituzione: «Che esagerazione! Nemmeno in caso di guerra Camera e Senato vengono convocate in seduta comune…». E poi, rivelando tutto lo stupore e la divertita sorpresa per l’uscita di Renzi: «Aspettiamo mezz’ora e vedrete che arriverà la solita smentita». E in effetti, quaranta minuti più tardi, Renzi chiarisce di non aver affatto minacciato Grasso, ma di aver semplicemente detto che — qualora il presidente del Senato decidesse di riaprire un testo già approvato in doppia lettura conforme da entrambe le Camere — sarebbe costretto a riunire i gruppi parlamentari del Pd.

Al di là delle battute Grasso avrebbe in seguito commentato: «La rettifica è arrivata, come previsto. Però un presidente del Consiglio le parole le deve misurare prima, non dopo».

IN AULA GRASSO RIDUCE I TEMPI DEGLI INTERVENTI –

Intanto, in Aula è ripresa la discussione generale sulle riforme costituzionali. E Grasso, considerato l’elevato numero di richieste per intervenire – 110 in totale – in apertura di seduta ha “armonizzato” i tempi riducendo a dieci minuti la durata di ogni intervento. Una scelta che ha scatenato le proteste delle opposizioni, che hanno denunciato una “tagliola” da parte della seconda carica dello Stato. Non senza collegare la decisioni alle “pressioni” arrivate dalla maggioranza. Grasso però ha smentito la ricostruzione: «Tutto mi sarei aspettato, tranne che una decisione che è frutto di prerogative presidenziali potesse essere interpretata come un cedimento a eventuali pressioni. Siccome il senatore Mauro ha insinuato questo rispondo sul punto. Non le permetto di pensare né di sospettare una cosa del genere», ha replicato.

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RIFORMA SENATO, LA MINORANZA PD CONFERMA GLI EMENDAMENTI. IN ATTESA CHE IL LODO TATARELLA VENGA TRADOTTO IN EMENDAMENTO –

In attesa che l’apertura politica di Renzi sul “Lodo Tatarella” venga tradotta in emendamenti concreti, la minoranza dem ha però confermato gli emendamenti. Secondo la fronda dei senatori dissidenti, la soluzione migliore sarebbe quella di modificare il comma 2 dell’articolo 2. Ma tutto resta nelle mani dello stesso Grasso, che non ha ancora deciso sulla possibilità di accettare o meno l’emendabilità di quanto approvato in doppia conforme.

Certo, anche i senatori dissidenti, così come la minoranza dem a margine della Direzione, considera un passo in avanti il compromesso proposto da Renzi. Ma la diffidenza sulle reali volontà del premier resta. Così come l’imperativo: «Bisogna prima leggere cosa verrà scritto nell’emendamento», in modo da capire se «i cittadini decidono e i Consigli regionali si limiteranno a ratificare». 

Al momento, non c’è alcuna certezza sui meccanismi di elezione, che dovranno essere precisati da una legge ordinaria (che rinvii all’articolo 122 della Costituzione). Tra le ipotesi c’è quella di prevedere un “listino con preferenza”. Ovvero, una lista di candidati destinati, in caso di elezione, a rappresentare il Consiglio regionale nel nuovo Senato. L’elettore dovrebbe poter esprimere uno o più voti di preferenza.

(Foto di copertina: Ansa / Giuseppe Lami)

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