Ilva, la trappola di ArcelorMittal: per non andarsene chiede la testa di 5mila lavoratori

Una trattativa industriale che sta davvero sbandando pericolosamente. Un governo che rischia di colare a picco, lo spettro di nuove elezioni. Il tutto sulla pelle dei lavoratori italiani. Non dobbiamo dimenticare che le prime cose da considerare quando si parla della vicenda dell’ex Ilva e della rescissione del contratto da parte di ArcelorMittal sono i lavoratori e l’emergenza ambientale che ricade sui cittadini delle aree di Taranto.

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Richieste ArcelorMittal sull’ex Ilva: 5mila posti di lavoro in meno

Ecco. ArcelorMittal, dopo l’incontro di ieri con il governo rappresentato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha messo sul piatto il suo atteggiamento almeno su uno dei due punti. E ha spiegato che sarebbe pronta a restare, purché si taglino 5000 posti di lavoro: ovvero la metà dei dipendenti che adesso lavorano nell’ex Ilva.

Non si capisce cosa c’entri questo maxi esubero con la questione dello scudo fiscale. Piuttosto, si può immaginare che sia stato il pretesto per far saltare il banco, visto che i termini messi sul tavolo da ArcelorMittal vanno ben oltre la garanzia legale per la gestione dell’impianto. Una sorta di strategia al rialzo: volete che continuiamo il nostro impegno nell’industria senza scudo fiscale? Bene, ma tagliateci i dipendenti.

Richieste ArcelorMittal, il muro contro muro del governo

Una richiesta che non può essere accettata e che getta ancora di più dubbi sulla trattativa con il gruppo franco-indiano avviata ben due anni fa. Anche sulla vicenda dell’Altoforno 2 (e qui passiamo alla questione ambientale) ArcelorMittal sembra non voler collaborare: il tempo per rimetterlo in sicurezza ci sarebbe, ma i vertici aziendali hanno deciso che quella che dovrebbe essere una priorità ha bisogno di tempi ancor più lunghi rispetto a quelli stabiliti dal tribunale di Taranto (che, tuttavia, in spirito di collaborazione avrebbe potuto concedere una ulteriore proroga).

Insomma, la questione dell’ex Ilva sta mettendo il governo di fronte a un bivio. La strada della rottura sembra inevitabile, con la temporanea nazionalizzazione degli impianti per cercare di salvare i posti di lavoro e con l’attesa del pronunciamento del tribunale civile di Milano, che potrebbe dar spazio a una sentenza ostile rispetto ad ArcelorMittal, costringendola a onorare gli impegni presi e al pagamento di una corposa penale.

In tutto questo, però, il governo sembra essere nuovamente diviso sulle soluzioni da adottare, con Pd, M5S e Italia Viva su posizioni lontanissime tra loro. Il rischio è che l’ex Ilva possa dare la spallata definitiva a questo esecutivo già traballante.

FOTO: ANSA/GIUSEPPE LAMI

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