Ricercatore torturato in Egitto, la nota del paese per il governo italiano: «Patrick è un cittadino egiziano»

Il rischio di un caso Regeni bis è più concreto che mai e ce ne rendiamo perfettamente conto. La storia di Patrick George Zaky è cominciata alle 4 del mattino di venerdì pomeriggio nell’aeroporto del Cairo, dove è stato prelevato con la forza dalla Sicurezza di Stato e sottoposto per 24 ore a torture allo scopo di ottenere informazioni sulla sua attività umanitaria. Perché Patrick George Zaky costituirebbe un pericolo per l’Egitto e dove si trova ora? Vediamo gli ultimi aggiornamenti sulla delicata situazione dello ricercatore e studente presso l’università di Bologna. Intanto la nota ufficiosa diramata dal governo egiziano per l’Italia è chiara: «Patrick è un cittadino egiziano». Evidente il tentativo di sottolineare che la questione del ricercatore torturato non dovrebbe riguardare il nostro governo.

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Chi è Patrick George Zaky, il ricercatore torturato in Egitto

Patrick ha 27 anni e studia presso l’università di Bologna, precisamente un master in Studi di Genere e delle Donne da settembre 2019. Nato a Mansoura, dove si trovano i suoi genitori, i diritti delle persone sono l’interesse maggiore del giovane che lavora come ricercatore e attivista per l’ong Egyptian initiative for personal rights. L’organizzazione si occupa, in particolare, di diritti della minoranza cristiana, delle donne, della comunità LGBTQI e della libertà di espressione. Nell’ambiente Patrick George Zaky è noto anche per essersi sempre occupato dei prigionieri politici meno noti e per il suo sostegno pubblico alla campagna per ottenere verità e giustizia per Giulio Regeni. I colleghi dell’università di Bologna, del master e i ricercatori hanno già fatto partire una petizione rivolta all’università do Bologna per fare pressione sul governo egiziano affinché rilasci Patrick immediatamente. Anche i docenti si sono accodati, sottolineando come sia fondamentale muoversi immediatamente per evitare un caso Regeni bis.

Il caso di Patrick

Venerdì 7 febbraio Patrick Zaky è stato prelevato con la forza all’aeroporto del Cairo e tenuto per 24 ore negli uffici della Sicurezza di Stato egiziano dell’aeroporto, dove secondo un suo amico –  Amr Abdelwahab – che ha diffuso le notizie su Twitter è stato torturato per estorcergli informazioni. Solo dopo le torture Patrick è stato portato nella sua città d’origine, Mansoura, per essere raggiunto dagli avvocati. Attorno alle 15 di sabato pomeriggio è stata convalidata una custodia cautelare di 15 giorni con capi di accusa molto gravi. Si parla di diffusione di false notizie che possono turbare la quiete sociale, convocazione di proteste con l’obiettivo di denigrare l’autorità e disturbare pace e sicurezza, aver promesso il rovesciamento del regime, terrorismo e violenza. Si tratta dei capi di accusa utilizzati solitamente contro i dissidenti. Dal verbale della polizia è stato fatto risultare che sarebbe stato arrestato sabato pomeriggio in casa dei suoi genitori, così da non mantenere traccia dell’interrogatorio e delle torture. L’ong per cui lavora ha confermato che Patrick è stato sottoposto a elettroshock con minacce e domande inerenti diversi aspetti del suo lavoro da attivista.

L’Egitto informa l’Italia che «Patrick è un cittadino egiziano»

L’associazione dei dottorandi e dottori di ricerca ha commentato quanto sta accadendo parlando di «uno schiaffo che il nostro paese riceve da un regime disumano, ulteriore dimostrazione che l’Egitto non ha intenzione di collaborare con l’Italia per fare finalmente chiarezza sulla tragica fine di Giulio, e che anzi si accanisce contro chiunque solidarizzi o si avvicini alla storia di Giulio Regeni». In Egitto la repressione contro chi fa attivismo e contro i familiari di queste persone è una realtà che coinvolge moltissime persone: si contano ben 60mila prigionieri politici.  I dati di un rapporto Amnesty pubblicato lo scorso novembre confermano che la Procura suprema del paese ha un ruolo sia nelle sparizioni forzate che nella detenzione politica macchiandosi di reati gravissimi contro l’umanità quali la tortura e la violazione dei principi di un equo processo.

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