Una donna è stata licenziata dopo esser stata vittima di revenge porn

19/02/2020 di Enzo Boldi

Nel mese di luglio il Parlamento italiano ha definito reato il cosiddetto revenge porn. La storia che arriva da Brescia, però, sembra andare contro la decisione dello Stato italiano. Una donna, secondo quanto ricostruito dalla stampa locale, è stata licenziata dallo studio in cui lavorava proprio per colpa della diffusione di alcune sue foto e video intimi che hanno fatto il giro della città. Il tutto perché questa vicenda, ovviamente diventata mediatica per la gravità di quanto accaduto, avrebbe creato dei danni di immagine.

LEGGI ANCHE > Codice Rosso, via libera del Senato: il revenge porn è reato

La vicenda è stata raccontata da Il Giornale di Brescia e si snoda su due strade. Da una parte c’è l’indagine della magistratura che ha iscritto nel registro degli indagati tre uomini che avrebbero fatto circolare video e immagini intime della donna; dall’altra la storia che riguarda il successivo licenziamento da parte dello studio presso cui la vittima di revenge porn (che aveva sporto denuncia nelle settimane scorse) lavorava da tempo.

Licenziata dopo aver denunciato revenge porn

Oltre alle immagini della donna in atteggiamenti intimi, nelle varie chat (che sono arrivate anche oltre i confini di Brescia e dell’Italia) sarebbe stato reso noto anche il suo numero di telefono. Nella sua denuncia, infatti, la vittima ha raccontato (fornendo agli inquirenti anche screenshoot di conversazioni) di aver ricevuto telefonate a sfondo sessuale non solo da suoi concittadini, ma anche dal Sudamerica. Segno che quei video hanno varcato i confini nazionali.

Il «danno di immagine»

Secondo il datore di lavoro che ha deciso il suo licenziamento, nelle ultime settimane la donna avrebbe ricevuto continuamente telefonate «senza far riferimento alla problematica da affrontare e senza lasciare recapito telefonico», creando quel che è stato definito un «danno d’immagine» per l’azienda. E sarebbe questo il motivo che ha portato al sollevamento dal suo lavoro.

(foto di copertina: da Pixabay)

Share this article