Per usare il Recovery Fund, l’Italia deve cambiare passo e diventare più moderna
26/06/2020 di Gianmichele Laino
Next Generation EU, ma non solo. L’Unione Europea, com’è noto, ha messo in campo diversi strumenti – dal Men, al Bei, al fondo Sure – per fronteggiare la crisi economica che stiamo attraversando in seguito all’emergenza coronavirus. Una risposta compatta e dal forte impatto, dal momento che stiamo parlando complessivamente di 2400 miliardi, sottoposti tuttavia a delle condizionali ben precise. Condizionalità che andranno rispettate anche per il progetto Next Generation EU, che in Italia viene chiamato da tutti Recovery Fund, e che saranno la base da cui partire per poter ottenere i fondi messi a disposizione del nostro Paese.
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Next Generation EU, la sfida a cui l’Italia è chiamata
Ma ci sono delle sfide che il nostro Paese dovrà affrontare e abbiamo provato a sintetizzarle con il dottore di ricerca Emanuele Cangrati, economista presso il Ministero dell’Economia e Finanze e presso la Camera dei Deputati. La premessa rigorosa è che il Recovery Fund dovrà essere approvato al prossimo consiglio europeo del 17-18 luglio, sotto la presidenza semestrale della Germania di Angela Merkel. «L’Italia dovrà presentare un piano di riforme molto dettagliato per avere l’accesso al Recovery Fund – ha detto a Giornalettismo Emanuele Canegrati -. Il governo vorrebbe inserire in questo pacchetto la riforma fiscale, ma la Commissione Europea è stata molto chiara: il Next Generation EU non serve per ridurre le tasse, ma per fare degli investimenti. Può darsi che l’Italia avrà qualche difficoltà ad adattarsi a questo modus operandi, perché si tratta di un metodo molto moderno, tipico delle istituzioni europee».
Va da sé, quindi, che i funzionari della pubblica amministrazione che dovranno approntare queste soluzioni dovranno essere agili nell’individuazione di procedure, programmazione e, in generale, sforzi operativi che vadano nella direzione della digitalizzazione e della green economy: «La storia – dice Canegrati – ha dimostrato che l’Italia non ha mai massimizzato le risorse europee. Oggi si chiede un cambio di passo rispetto al passato, che potrebbe rappresentare anche una grande opportunità di crescita per gli apparati della pubblica amministrazione del Paese. Occorrerà una semplificazione delle leggi e una maggiore concentrazione sui dati e sulle scadenze. Il rischio è quello di non realizzare progetti necessari in un momento in cui rimanere senza soldi potrebbe essere molto grave».