Per Giovanni Minoli, la Rai è l’ultimo «fortino catto-comunista»
25/06/2018 di Redazione
Tempi di nomine in Rai, tempi di campagna elettorale per chi si è candidato al cda del servizio pubblico. È il caso di Giovanni Minoli che ha parlato, in un’intervista a Libero, di «Rai cattocomunista» e ultimo fortino per una certa parte politica che, in Italia, sembra ormai scomparsa. Il giornalista non nasconde la sua ambizione di diventare direttore generale («anche un membro del cda può ambire a quel ruolo») e illustra la sua idea di Raivoluzione, ovvero di cambiamento strutturale del servizio pubblico.
LEGGI ANCHE > La nuova Rai targata M5S-Lega con Travaglio al TG1 e Gabanelli presidente
Rai cattocomunista, come si fa la rivoluzione del servizio pubblico
Giovanni Minoli ha le idee chiare: sottolinea come la Rai sia completamente da rivedere, facendo del Made in Italy e dei prodotti di qualità i punti forti del servizio pubblico. «I Tg, così come sono stati pensati – ha detto Minoli – non sono più efficaci: servono fasce all news come Sky Tg 24 o RaiNews24: il telegiornale dovrebbe diventare un approfondimento di 10 minuti all’interno di queste fasce. Se restano così, non si va da nessuna parte e non fanno altro che assecondare delle logiche di lottizzazione care alla politica».
Rai Cattocomunista, Minoli ha parlato con Salvini, Di Maio e Giorgetti
Insomma, Giovanni Minoli ci va giù pesante, parlando di Rai cattocomunista e ultimo baluardo di un certo tipo di politica. «Ho parlato sia con Matteo Salvini, sia con Luigi Di Maio della Rai – ha affermato Minoli -. Poi ho avuto modo di avere colloqui approfonditi anche con Giorgetti. La rivoluzione deve prendere l’indirizzo per il quale sono tutti d’accordo. Tuttavia, non so dire se, una volta dentro, si faranno affascinare dalle logiche spartitorie che hanno da sempre caratterizzato il servizio pubblico».
Una voce autorevole, dunque, pronta a parlare con i nuovi esponenti della politica per tirare fuori una nuova idea di televisione. «Ci vorrebbe un piano Solo – ha affermato Minoli – con 5mila esuberi sui 15mila dipendenti. Una sorta di rivoluzione: dobbiamo superare la burocrazia presente a Viale Mazzini».