Nicola Porro e l’«uso politico della vittima» di Ilaria Cucchi: «si tuffa sullo scandalo dei carabinieri»

Nicola Porro, vicedirettore del Giornale, ha accusato Ilaria Cucchi di parlare a sproposito sulla vicenda dei carabinieri condannati per atti illeciti a Piacenza. Secondo il giornalista Ilaria Cucchi «si tuffa sullo scandalo» senza avere alcun titolo o conoscenza della polizia per parlare di un sistema corrotto. Lo fa «solo perché può usare la sua fama di vittima?», si chiede Porro nel suo tweet.

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Il tweet di Porro su Ilaria Cucchi

Nell’articolo che ha condiviso insieme a queste parole si sottolinea come la sinistra faccia sempre uso politico delle vittime e come «l’Occidente in decadenza, che ha perso identità e soprattutto voglia di combattere, non esalti più gli eroi ma le vittime, meglio ancora se inconsapevoli». Secondo Porro Ilaria Cucchi userebbe politicamente la faccenda della morte di suo fratello per accusare sistematicamente le forze dell’ordine quando emergono problematiche di integrità e abusi di potere.

Il presunto «uso politico della vittima»

Secondo Porro la vittima Ilaria Cucchi – come riporta il pezzo a firma Marco Gervasoni «solo perché tale, senza possedere altri requisiti particolari e spesso magari senza neppure aver svolto in precedenza attività politica, viene portata in primo piano nelle istituzioni, in genere con una candidatura blindata al parlamento». Tutto questo scaturito dalla constatazione di Ilaria Cucchi che, per dire ciò che dice e accusare il sistema di essere marcio, fa riferimento non solo al caso del fratello ma a tutta un’altra serie di vicende (lo stupro dei carabinieri di Firenze, per citarne uno) che hanno macchiato la reputazione dei Carabinieri e delle forze dell’ordine italiane in generale- che pure, ovviamente, non sono da condannare come categoria -.  Le parole della Cucchi sono state dette in riferimento a quelle di Salvini: «Sono stanca di sentire parlare di mele marce. Il problema è nel sistema, troppo spesso non vengono prese delle posizioni chiare e nette».

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