Il Plaquenil, un farmaco che potrebbe essere utile per prevenire l’infezione da Coronavirus

30/03/2020 di Enzo Boldi

Partiamo dalla fine del discorso con cui Roberto Burioni ha reso pubblici gli esiti di alcuni test in laboratorio – quindi non sperimentazioni cliniche su persone – sul Plaquenil: non correre in farmacia o su internet a comprare questo prodotto, perché la sua efficacia non solo non è certa, ma il farmaco può provocare effetti collaterali. Detto tutto ciò, nel laboratorio di virologia del San Raffaele di Milano sono stati effettuati alcuni test che hanno dato indicazioni molto interessanti.

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Il Plaquenil è un farmaco non recente. Ha fatto la sua comparsa circa 70 anni fa e viene utilizzato come anti-malarico. Il suo utilizzo venne testato da alcuni ricercatori statunitensi nel 2005 contro la Sars. Ora, memori di questi test, al San Raffaele di Milano è stato condotto uno studio anche sul SARS-CoV-2. Il tutto è stato fatto in laboratorio e non sperimentato su persone contagiate dal nuovo Coronavirus.

Il Plaquenil e lo studio del San Raffaele di Milano

I risultati, come spiega Roberto Burioni su Medical Facts, non sono ancora certi. Ma le cellule trattate hanno messo in mostra alcuni dettagli. Il Plaquenil è stato utilizzato in tre step: il primo direttamente da cellule infette; il secondo su cellule sane e poi infettate; il terzo su cellule prima trattate, poi infettate e, infine, di nuovo trattate con lo stesso farmaco. E proprio con il trattamento pre e post sono stati riscontrati dei buoni risultati. Insomma, non si tratterebbe (il condizionale è d’obbligo perché si tratta ancora di test in laboratorio) di una cura per il Coronavirus, ma di un trattamento efficace nel prima e nel dopo.

La spiegazione di Roberto Burioni

«In ogni caso, però, se uno studio clinico riuscisse a confermare che il Plaquenil è utile nel modo in cui questo studio suggerisce, ovvero associando profilassi e terapia, avremmo fatto un passo verso il ridimensionamento di questo virus – scrive Roberto Burioni -. Un passo che, per esempio, potrebbe rappresentare una protezione in più per tutti i colleghi in primissima linea nella gestione clinica de pazienti infetti».

 

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