Pizzerie in tempo di coronavirus, proteste e proposte dei ristoratori

La situazione del settore pizzerie è sempre più preoccupante a causa dell’emergenza coronavirus. Ormai è più di un mese che i ristoratori si trovano davanti a delle problematiche molto importanti: nella penisola tutti si sono dovuti reinventare con la consegna a domicilio, ma ci sono regioni come la Campania dove neppure questo è concesso. Il governatore De Luca si è mostrato irremovibile e non ha dato alcuna concessione per garantire alle pizzerie neppure il delivery, nonostante siano arrivate diverse proposte non ultima quella di Gino Sorbillo.

La situazione sembra destinata a non migliorare a breve giro, con un’ipotetica fase 2 tutta da scoprire: le pizzerie infatti dovranno garantire la distanza di sicurezza e c’è chi ipotizza addirittura di separare i clienti con dei pannelli in plexiglas. Tutto questo porterà ad un sensibile calo del fatturato per le aziende, che non hanno ancora avuto agevolazioni o aiuti concreti ma soltanto la proposta di prestito agevolato prevista dal Decreto Cura Italia. Un settore come quello delle Pizzerie, ma più in generale della ristorazione è molto particolare e prevede oltre ai costi d’affitto anche quello delle materie prime che per forza di cose vanno persi mentre i fornitori vogliono in ogni caso il saldo.

Nelle scorse settimane ha fatto molto discutere la polemica rispetto alle cartolibrerie, la cui chiusura aveva provocato per via della presunta concorrenza sleale l’impossibilità da parte di supermercati e ipermercati di vendere prodotti di cancelleria. Tutto questo aveva scatenato le proteste delle famiglie, impossibilitate a comprare magari colori e fogli per stimolare la creatività dei bambini costretti a stare in casa. La stessa cosa però non è stata fatta per tutelare le pizzerie, visto che forni e supermercati sono autorizzati a vendere pizza surgelata e non. Il presidente dell’Associazione Tecnicamente Pizza nel Mondo Marco Quintili ha parlato ai nostri microfoni proprio di questo aspetto: “I panifici sono aperti e le persone possono comprare la pizza. Anche il supermercato vende le pizze pronte ad esempio. Se non potevano vendere prodotti di cartoleria per la concorrenza sleale come mai vendono la pizza? Sono del parere che debba essere permesso quanto prima il take away, in fila ordinati e con il rispetto delle distanze di sicurezza”

Vincenzo Luongo della Pizzeria Carpediem è tra i ristoratori campani maggiormente colpiti dalla crisi, costretto a chiudere la sua attività e a non poter neppure ammortizzare le perdite col domicilio: “La nostra situazione è drammatica. Noi avevamo avviato immediatamente i primi di marzo la sanificazione di tutti i locali distanziando i tavoli, ma poi è arrivato il blocco. La Campania non ci permette di lavorare neppure col domicilio, siamo l’unica regione d’Italia non è giusto! Non abbiamo entrate, ma l’affitto e i fornitori li dobbiamo comunque pagare. Anche quando riapriremo ci troveremo a perdere almeno il 60% del profitto per i posti a sedere in meno. Lancio un appello ai presidenti Conte e De Luca per sostenerci quantomeno nell’affitto, sarebbe già un primo passo se lo Stato si facesse carico della metà perché tanti ristoratori rischiano di chiudere”.

Sempre dalla Campania si alza la voce di Vincenzo Passaro de la Pizzeria Le Garcon:  “Il governatore De Luca blocca la consegna delle pizze a domicilio, ma nessuno si rende conto che il supermercato è una fonte di contagio maggiore? Le persone toccano tutte il carrello, stanno vicine tra gli scaffali, perché dovrebbe essere meno pericoloso rispetto a prendere una pizza take away o a farsela portare a casa? Noi pizzerie paghiamo il conto di chi ha sottovalutato all’inizio il contagio“. Gennaro Primicerio della Pizzeria Primicerio spiega: “Noi siamo anche disposti a fare dei sacrifici per il bene della comunità. La mia pizzeria non ha mai fatto consegna a domicilio, ma per chi ha solo il take away come lavoro non è giusto che debbano restare chiusi non è corretto”.

Il settore delle pizzerie aspetta ora aiuti concreti da parte del governo e anche di sapere come e quando potrà ripartire.

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