Quarant’anni dall’assassinio di Piersanti Mattarella. E non si conosce ancora il nome del sicario
06/01/2020 di Enzo Boldi
Era il 6 gennaio del 1980. Piersanti Mattarella aveva appena aperto lo sportello della sua automobile e, in compagnia di sua moglie, dei suoi due figli e della suocera, stava per andare ad assistere alla messa dell’Epifania. Si trovava in via della Libertà – a Palermo – quando un uomo si avvicinò al finestrino e lo uccise a freddo. Colpi di pistola che hanno mandato in frantumi i vetri e la vita del Presidente della Regione Sicilia e quella della sua famiglia, distrutta per quanto avvenuto sotto i loro occhi. A 40 anni di distanza è stata data la colpa alla ‘mafia’ come mandante di questo barbaro omicidio. Ma il nome del sicario non si è mai saputo.
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Il nome di Piersanti Mattarella riecheggia non solo perché fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio, ma per aver rappresentato l’ennesimo capitolo oscuro della storia italiana in quegli anni dal grilletto facile dove criminalità organizzata, mafia e terrorismo politico (sia rosso che nero) decidevano a loro piacimento che dovesse vivere e chi, invece, dovesse morire. Gli anni bui, quelli del piombo che andava di pari passo con il sangue che sgorgava per le strade delle città italiane.
Quarant’anni dal’omicidio di Piersanti Mattarella
Era il 6 gennaio del 1980. A meno di due anni dall’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro (di cui stava seguendo le orme politiche), e 12 anni prima delle stragi di Capaci e di via D’Amelio che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone (a sua moglie e alla sua scorta) e Paolo Borsellino. Se per il primo caso la responsabilità fu delle Brigate Rosse, per gli altri due il mandante fu Cosa Nostra.
L’accusa ai Nar e a Valerio Fioravanti
Per l’omicidio di Piersanti Mattarella è stato condannato il sistema mafioso siciliano che, attraverso contatti politici, stava prendendo piede in tutta Italia. Ma se i mandanti sono stati accertati – nel bailamme generale – ancora non si conosce il nome di chi mise il dito su quel grilletto in quell’Epifania di 40 anni fa. Le accuse erano tutte contro i Nar – i terroristi di estrema destra – con tanto di riconoscimento di Valerio Fioravanti da parte della moglie del Presidente della Regione Sicilia. Ma la sua dichiarazione, da testimone oculare, venne dichiarata inattendibile. Stessa sorte per quelle rilasciate da Cristiano Fioravanti (fratello dell’accusato) e dal pluri-omicida Angelo Izzo. Oggi sono 40 anni dalla sua morte e giustizia non è ancora stata fatta.
(foto di copertina: da free commons di Wikipedia)